Per il secondo anno consecutivo la retrospettiva del Torino Film Festival curata da Emanuela Martini è dedicata ai film americani della New Hollywood, più di trenta opere che testimoniano la rivoluzione cinematografica avvenuta in America tra la metà degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80. Quello del noir metropolitano fu un genere chiave all’interno della New Hollywood, forse assieme al western è il genere che meglio identifica la rottura col cinema americano precedente, come testimoniano i due noir qui analizzati, inseriti quest’anno nella retrospettiva di Torino.

L’occhio privato è una piccola chicca di Richard Benton, regista che diventerà celebre due anni più tardi con il dramma familiare Kramer contro Kramer. The Late Show, questo il titolo originale, è un noir che oscilla elegantemente tra il dramma e la commedia, raccontando con ironia intelligente una Los Angeles malinconica abitata da personaggi disillusi e fuori tempo massimo, come il protagonista, un grandissimo Art Caney nel ruolo di Ira Wells, investigatore privato prossimo al pensionamento. Ira si trascina con sé un bagaglio di casi risolti in modo mirabile, ma sono solo ricordi di un lontano passato: Wells ora è un uomo reso scontroso dalla solitudine e limitato fisicamente da un ulcera perforante. La morbida musica jazz di Kenneth Wannberg accompagna un intreccio da noir anni ’50, uno stanco detective che, alla sua ultima missione, si mette sulle tracce dell’assassino di un suo vecchio collega. Se la trama ha uno svolgimento in apparenza piuttosto classico, l’ironia dei personaggi è invece in pieno stile New Hollywood e trova il suo apice in una battuta cult allorché il protagonista Ira Wells, istigato da chi lo accusa di essere piuttosto fuori forma come detective, risponde con un esilarante: “Non si preoccupi, il mio è solo un travestimento”. Siamo in pieno genere noir californiano, tra camere di motel immersi nelle piante esotiche e ville con piscina. Così come californiana è l’ambientazione di un altro grande noir americano presentato quest’anno a Torino, The Conversation, il capolavoro di Francis Ford Coppola che narra la storia di Harry Caul, un grande Gene Hackman, investigatore privato maestro delle intercettazioni che deve lavorare su una registrazione segreta molto scottante, che può mettere in pericolo la vita degli interessanti. In The Conversation non c’è più nulla del noir classico, i risvolti psicologici diventano il cuore del film e l’indagine investigativa diventa essa stessa l’alibi per un viaggio interiore del protagonista, alla scoperta delle sue ossessioni. È un film paranoico, chiuso e claustrofobico, opera che anticipa i tempi, supera la New Hollywood e apre la strada al noir contemporaneo, proprio come l’altro grande noir di quell’anno, Chinatown di Roman Polanski, anch’esso ambientato in California come i due film qua citati.

Non si tornerà più indietro: con la New Hollywood il detective privato americano diventa un personaggio solitario e isolato, non inserito nella società in cui vive. La compagnia di un gatto o di un saxofono gli permettono di sopravvivere, ma ormai è già vittima delle ossessioni e delle paranoie, sue e di un intero paese.

Scritto da Michele Boselli.