Preceduto da una lunga attesa, fatta di rimandi dovuti all’acquisizione della Fox da parte della Disney, Ad Astra di James Gray è stato completato in tempo per essere presentato in concorso a Venezia 76. È il primo film di fantascienza del regista newyorkese, a 25 anni di distanza dal sorprendente esordio Little Odessa, presentato proprio a Venezia nel 1994.

Protagonista assoluto è Brad Pitt, nel ruolo dell’astronauta Roy McBride, che accetta di partire per una missione spaziale fino ai bordi esterni del sistema solare per ritrovare il padre Clifford, scomparso sedici anni prima, e svelare l’origine di devastanti fenomeni cosmici che minacciano la Terra.

Ad Astra

Come nel precedente Civiltà perduta, Gray pone al centro della vicenda l’ossessione – quella di Roy per la ricerca del padre, e quella di Clifford per la ricerca di forme di vita nello spazio – che spinge i personaggi ad avventurarsi verso l’ignoto, impedendo loro di vivere un’esistenza normale. «È come se avessi preso un pizzico di Cuore di tenebra di Conrad, proprio come ha fatto Coppola in Apocalypse Now – ha dichiarato il regista – e lo avessi miscelato con le atmosfere di 2001: Odissea nello spazio».

Ma le influenze non si limitano ai due film citati. In Ad Astra si possono trovare similitudini con innumerevoli pellicole del genere space opera, dai recenti Interstellar e Gravity a Punto di non ritorno, fino al remoto The Black Hole. Il personaggio di Clifford (uno ieratico e invecchiatissimo Tommy Lee Jones), sorta di capitano Achab del cosmo, presenta infatti molti punti in comune con il folle scienziato del cult anni ’70, interpretato da quello stesso Maximilian Schell che, in Little Odessa, avrebbe poi incarnato un padre malvagio e anaffettivo. Il rapporto padre-figlio, sempre problematico, è l’altro tema portante della filmografia di Gray, e in questo senso Ad Astra non fa eccezione.

Ad Astra

Sontuoso nella messinscena, quanto discontinuo nella narrazione, il film ambisce a raccontare il viaggio spaziale in maniera realistica, sottolineando l’atmosfera ostile e minacciosa in cui man mano si addentra il protagonista, ma crolla nell’esagerazione spettacolare di certe sequenze d’azione. A tratti si possono godere pezzi di buon cinema – in particolare l’incipit sull’antenna spaziale e l’attacco dei pirati sulla Luna – ma si rimane delusi proprio in quello che dovrebbe essere il climax della vicenda, in cui si cede alla scontatezza.

Più in generale, Ad Astra soffre di uno scarso coinvolgimento emotivo, grave mancanza per quello che dovrebbe essere un esempio di fantascienza umanista, e di personaggi piatti (il ruolo di Liv Tyler è mortificante) o sottoutilizzati (quello di Tommy Lee Jones e, soprattutto, quello di Donald Sutherland, nella parte di un altro anziano astronauta suo amico), che sprecano un cast sulla carta eccellente. E nasce il dubbio che lo stesso Brad Pitt, per quanto la sua prova tutta in sottrazione sia funzionale alla solitudine e alle difficoltà di relazione del suo personaggio, non risulti a tratti esageratamente granitico.

Davide V.Alice C.
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