Frank Castle, alias Punisher, è uno dei personaggi più riusciti delle serie MarvelNetflix, grazie sia all’ottimo lavoro di scrittura, sia all’eccellente prova recitativa di Jon Bernthal, che lo ha interpretato nella seconda stagione di Marvel’s Daredevil e nello spin-off Marvel’s The Punisher. A parte i meriti della trasposizione, tale successo pone le sue basi in oltre quarant’anni di fumetti, film e videogiochi che hanno reso Punisher uno dei personaggi più iconici e controversi dell’universo Marvel.

Punisher

Frank Castle, un antieroe intransigente e sociopatico

Frank Castle apparve per la prima volta nei fumetti nel 1974, sul n. 129 di The Amazing Spider-Man, e fu ideato da Gerry Conway per i testi e da John Romita sr e Ross Andru per i disegni. Frank è un veterano dei Marines, pluridecorato in Vietnam, la cui vita viene sconvolta in seguito alla morte della moglie e dei figli, assassinati dalla mafia in uno scontro a fuoco in quanto testimoni di un regolamento di conti. Unico sopravvissuto al massacro, Castle utilizza da allora le sue competenze militari e di guerriglia, ricorrendo regolarmente all’omicidio, al sequestro e alla tortura, per condurre la sua guerra personale contro il crimine nelle vesti del vigilante e antieroe fuorilegge noto come Punisher.

Pur non possedendo caratteristiche sovrumane, Frank combatte contro avversari sulla carta molto più potenti di lui utilizzando ogni tipo di arma letale, da fuoco e da taglio, che riesce a maneggiare con maestria, e dando prova di enorme forza fisica, straordinaria resistenza al dolore e, soprattutto, eccezionale forza di volontà. A differenza di molti altri vigilanti fuorilegge, Castle non indossa maschere né costumi, ma solo abiti neri con un grosso teschio bianco sul petto, che divenne fin da subito il suo simbolo.

Caratteristica fondamentale del personaggio, oltre alla brutalità dei metodi e alla spiccata propensione a uccidere, è l’assoluta intransigenza del suo metro di giudizio: per lui qualsiasi criminale deve essere punito – quasi sempre con la morte – e lui se ne assume la responsabilità a ogni costo, fungendo da giudice, da giuria e da boia. A volte è arrivato a farsi incarcerare, pur di eliminare il suo bersaglio, per poi evadere. Allo stesso tempo, quando opera sta sempre attento a non coinvolgere innocenti, e con la polizia, che spesso gli dà la caccia, si limita a fuggire, cercando di evitare lo scontro. Non ci sono né gioia, né compiacimento, né emozioni nelle azioni di Frank, né c’è più spazio per i rapporti umani nella sua esistenza. Castle è una sorta di Giustiziere della Notte sociopatico e nichilista, e a tenerlo in vita è ormai soltanto la sua ossessione.

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Da comprimario a protagonista: il periodo d’oro

Dopo aver esordito su The Amazing Spider-Man prima in qualità di avversario e poi di alleato del protagonista, Punisher apparve nelle vesti di comprimario in altre testate, fino a diventare una presenza ricorrente nelle storie di Daredevil, a partire dal celebre ciclo dai toni noir scritto e disegnato da Frank Miller. Nonostante siano entrambi vigilanti che combattono il crimine, fin dal loro primo incontro del 1982 Castle e Daredevil si sono scontrati in numerose occasioni, e sempre per lo stesso motivo: Daredevil preferisce consegnare i nemici alla polizia vivi, Punisher vuole ucciderli. Altro conflitto importante è quello con Kingpin, personaggio che incarna tutto quello che Frank odia e combatte, innescato nel 1983 nelle storie di Spider-Man e proseguito fino a oggi su varie testate.

Il successo sempre crescente del personaggio portò la Marvel a lanciare, nel 1986, una miniserie di cinque numeri che presentava per la prima volta Punisher come protagonista, scritta da Steven Grant e disegnata da Mike Zeck. Erano gli anni in cui al cinema spopolavano eroi action muscolari come quelli interpretati da Stallone e Schwarzenegger, che uccidevano i cattivi in maniera spettacolare, perciò i tempi erano maturi perché un antieroe violento come Punisher si ritagliasse il proprio spazio nel mondo dei fumetti. La miniserie andò infatti benissimo e fu immediatamente seguita da una serie regolare, disegnata da Klaus Janson su testi di Mike Baron, che durò più di cento numeri, dal 1987 al 1995, e da cui derivarono un paio di serie spin-off, The Punisher War Journal (1988-95) e Punisher: War Zone (1992-95).

Verso l’inizio degli anni ’90, Punisher era quindi diventato uno dei personaggi di punta della Casa delle Idee. Risale a quel periodo la miniserie prequel Punisher: Year One (1994-95), scritta da Dan Abnett e Andy Lanning e disegnata da Dale Eaglesham, che racconta le origini e il primo anno di attività del vigilante. A completare il decennio d’oro di Frank, oltre al primo film di cui parleremo dopo, furono prodotti ben tre videogiochi, tutti intitolati The Punisher, il più famoso dei quali è il picchiaduro a scorrimento del 1993 con Nick Fury come altro personaggio giocabile e Kingpin come boss finale.

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Dal 2000 a oggi: il Punisher iperviolento di Ennis e Dillon

Dopo la chiusura delle serie regolari nel 1995, Punisher rimase lontano dai riflettori per un quinquennio. Il grande ritorno avvenne nel 2000, quando la Marvel affidò ai britannici Garth Ennis e Steve Dillon il rilancio del personaggio sotto l’etichetta Marvel Knights, con una miniserie (nota in seguito come The Punisher: Welcome Back, Frank) dai toni grotteschi, piena di umorismo nero e di violenza splatter. Come avvenne quindici anni prima, il successo dell’esperimento fu tale da aprire la strada a una nuova serie regolare di Punisher scritta da Ennis tra il 2001 e il 2004, a cui ne seguirono altre due: una completamente riservata a un pubblico adulto, distribuita sotto l’etichetta Marvel MAX tra il 2004 e il 2009 e fuori dalla continuity ufficiale, che permetteva allo sceneggiatore libertà non concesse dal fumetto mainstream in fatto di crudeltà e realismo; l’altra, una nuova versione di Punisher War Journal (2007-09), in cui Frank agiva nel contesto dei grandi crossover della Casa delle Idee, da Civil War in poi.

Da allora, fra alti e bassi, la presenza di Punisher non è mai mancata dai fumetti Marvel. Nel 2010-12 fu pubblicata PunisherMAX, un’altra serie dai contenuti espliciti e quindi fuori dalla continuity, scritta da Jason Aaron ispirandosi allo stile di Ennis, e non a caso disegnata da Dillon. E fu lo stesso Dillon, su testi di Becky Cloonan, a disegnare i primi sette numeri della serie regolare attualmente in corso, iniziata nel 2016 in occasione del rilancio del personaggio su Netflix, prima di morire a soli 54 anni.

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Punisher sullo schermo: i film e le serie

Punisher è stato finora interpretato sul grande schermo da tre attori diversi, in altrettanti film attualmente disponibili su Netflix. Il primo adattamento risale al 1989: The Punisher (in Italia inspiegabilmente Il vendicatore), diretto da Mark Goldblatt, con l’inespressivo Dolph Lundgren nei panni del protagonista, fu prodotto sull’onda del successo del personaggio, ma fece fiasco soprattutto per l’infedeltà nei confronti del fumetto (qui Frank è un ex poliziotto e non indossa l’iconica maglia col teschio), dimostrandosi incapace di restituirne la carica emotiva e non distinguendosi dalla media dei B-movie polizieschi del tempo.

Si dovette aspettare il 2004 per rivedere Frank al cinema. Il secondo adattamento, anch’esso intitolato The Punisher, vede Jonathan Hensleigh alla regia e Thomas Jane nella parte di Castle. La storia è ispirata alle saghe Punisher: Year One e Welcome Back, Frank, e riprende da quest’ultima l’umorismo nero e alcuni comprimari. L’accoglienza fu modesta, ma lo stile pulp, con influenze dei revenge movie brutali anni ’70 alla Don Siegel, scene d’azione abbastanza godibili e la buona prova di tutto il cast lo rendono a tutt’oggi il più riuscito dei tre film su Punisher.

Il terzo e ultimo adattamento arrivò quattro anni dopo, ma si tratta di un reboot anziché di un sequel. Punisher: War Zone, diretto da Lexi Alexander e interpretato da un convincente Ray Stevenson, cerca di evocare le atmosfere dark della serie MAX e di mantenersi fedele alle caratterizzazioni di Ennis. Estremamente violento e grottesco, pieno di omicidi splatter, soffre però di uno script mediocre, di una regia tamarra e di una recitazione (a parte il protagonista) troppo sopra le righe, finendo con l’essere apprezzato solo dai fan del fumetto.

La trasposizione migliore rimane quella vista nelle serie Netflix. Con un background aggiornato ai giorni nostri, in cui ha combattuto in Afghanistan anziché in Vietnam, viene finalmente dato il giusto spessore al personaggio di Castle, raccontandone l’ossessione omicida ma anche il lato umano, la follia e il dolore, e riportando magistralmente il conflitto ideologico, ma allo stesso tempo il rispetto che nutre nei confronti di Daredevil, di cui Punisher rappresenta in fondo una sorta di estremizzazione in chiave violenta e nichilista, senza fiducia nella legge né fede nella redenzione, con il teschio della morte come unico dio in cui credere.