Ascoltando un pezzo dei Tame Impala, giovane band australiana di rock psichedelico, viene da chiedersi se per caso non siamo tornati agli anni ’60-’70 o se addirittura non ce ne siamo mai veramente andati.

Solitude is Bliss, singolo di punta del celebrato album Innerspeaker (maggio 2010), colpisce per le sonorità accattivanti (voce alla John Lennon dei bei tempi psichedelici e forti percussioni dai ritmi incalzanti) e il testo curioso. Una sorta di inno alla solitudine, o alla asocialità: Kevin Parker – il cantante – declama massime come “Company is ok, solitude is bliss” (la compagnia va bene, ma la solitudine è gioia) e “ there’s a party in my head and no one is invited” (c’è una festa nella mia testa e nessun altro è invitato).

Un party dove colori, alberi, natura, si fondono in un viaggio all’interno di sé stessi, forse in fuga da un amore in rovina del quale – ci informa lo stesso Parker – ormai importa sempre meno. Distaccati dalle continue pressioni esterne, solo noi e la nostra musica scandita da un basso caldo (un Hofner, non a caso!) e da percussioni irregolari, a volte pestate. Atmosfere che si portano dietro l’Australia, i suoi cieli, le distese sabbiose: elementi immortalati in maniera vorticosa nel video del singolo Lucidity, dello stesso album.

Ma tornando al fatto che sembra di essere tornati indietro di una quarantina d’anni, a questo punto c’è chi si potrebbe stracciare le vesti denunciando i debiti creativi di questi ragazzi nei confronti dei vari Beatles (di Lennon in particolare per la voce), dei Doors, delle sonorità fine anni sessanta della West Coast e così via. Certo l’ispirazione è palese, ed è proprio in questi accordi sfumati e in quelle voci confuse e vaporose che i ragazzi di Perth hanno deciso di cercare la loro strada. Eppure devo dire che l’ascolto dei Tame Impala non è per niente spiacevole per chi le buone vecchie sonorità le ha sempre amate ed apprezzate. Dal momento che si decide di fare rock psichedelico, è ovvio che si prendano per modelli i grandi del genere, e che prestiti più o meno considerevoli siano da mettere in conto.

Saranno gli anni a dirci se questi Tame Impala possano davvero attraversare il globo dalla loro bella Australia per darci qualcosa di nuovo e fresco. Intanto godiamoci un album rassicurante e bizzarro come questo.

Ad una condizione, però: ascoltatelo da soli. Nel vostro grande party mentale non avete bisogno di invitati.

Scritto da Massimiliano Lollis.

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