Il boss Joe Cabot (Lawrence Tierney – Dillinger lo sterminatore, I ragazzi duri non ballano) si ritrova assieme al figlio Eddie (Chris Penn – Una vita al massimo, Fratelli) e a sei uomini che si fanno chiamare ognuno con il nome di un colore, per pianificare gli ultimi dettagli di un’imminente rapina ai danni di un grossista di diamanti. Tuttavia, qualcosa va storto, e quando Mr. White (Harvey Keitel – Mean Streets, Il cattivo tenente), il più esperto e saggio del gruppo, e il giovane Mr. Orange (Tim Roth – Pulp Fiction, Little Odessa), gravemente ferito, giungono al punto di ritrovo, il nevrotico Mr. Pink (Steve Buscemi – Fargo, Il grande Lebowski), che ha con sé la refurtiva, ipotizza che ci sia stata una soffiata, data la tempestività dell’intervento della polizia. Dopo l’arrivo di Mr. Blonde (Michael Madsen – Donnie Brasco, Kill Bill), il più sadico del gruppo, che ha ucciso numerosi civili e ha con sé un poliziotto in ostaggio, e di un furioso Eddie, il clima di sospetto reciproco si aggrava e le tensioni esplodono…

Presentato in anteprima al Sundance Film Festival nel 1992, il lungometraggio d’esordio del giovane Quentin Tarantino è una pietra miliare del cinema degli anni Novanta, nonché il punto di partenza da cui il regista introduce quelle che diventeranno le caratteristiche principali della sua filmografia: la violenza sanguinaria, i dialoghi memorabili e stranianti, il gusto per la citazione, l’umorismo grottesco anche nelle sequenze più drammatiche, nonché la frammentazione temporale secondo cui gli eventi sono presentati in ordine diverso da quello cronologico.

Forte di una grandissima personalità registica, e di una sceneggiatura pressoché perfetta, da lui stesso scritta assieme a Roger Avary, Tarantino mette in scena la vicenda come un dramma teatrale, con un palcoscenico fisso (il capannone scelto come punto di ritrovo dopo la rapina), dal quale i protagonisti ricostruiscono la storia un tassello per uno, rivelando tratti del loro passato e della loro psicologia, fino a ritrovarsi, nel catartico e sanguinoso finale, a fare i conti con le proprie scelte. Ciò che colpisce prima di tutto, in questo folgorante debutto, è la capacità di costruire personaggi credibili e ben caratterizzati senza rinunciare a una leggerezza di fondo mai vista prima in un film del genere, a cominciare dal tono dei dialoghi (particolarmente brillante quello iniziale, in cui i protagonisti, seduti in una tavola calda, discorrono amabilmente di Like A Virgin di Madonna e Mr. Pink si dichiara contrario a dare la mancia alla cameriera), per finire alle scene di violenza (Mr. Orange che tortura il poliziotto inerme ballando al ritmo di Stuck In The Middle With You di Gerry Rafferty, nel suo orrore, è esilarante).

Le iene è anche, e soprattutto, un omaggio del regista a uno dei suoi generi preferiti, il noir, sia quello cupo, classico americano, che quello pirotecnico, iperviolento hongkonghese, attraverso una serie di citazioni più o meno esplicite. Se il tema di fondo, quello della rapina finita in un massacro a causa di un tradimento, riporta alla mente Rapina a mano armata (1956) di Stanley Kubrick, la seconda parte del film è molto simile a City on Fire (1987) di Ringo Lam, con la tortura dell’ostaggio, la rivelazione del poliziotto infiltrato e il mexican standoff finale, a sua volta ripreso da Il buono, il brutto, il cattivo (1966) di Sergio Leone. Degni di nota anche il discorso in cui Joe nomina John Dillinger (personaggio interpretato dallo stesso attore nella pellicola di Max Nosseck del 1945), il look dei sei gangster ispirato a quello dei personaggi di A Better Tomorrow II (1987) di John Woo, e l’idea di usare come soprannomi i colori come ne Il colpo della metropolitana (1974) di Joseph Sargent. A sua volta, Le iene è stato, negli anni successivi all’uscita, fonte di ispirazione per molti film del genere, dando vita a un sottofilone e diventando in breve tempo oggetto di culto.

Parte della riuscita del film è da riconoscere, senza dubbio, a un cast perfettamente in parte, guidato dall’ottimo Harvey Keitel, veterano del cinema di Martin Scorsese (autore molto amato da Tarantino), e composto per la maggioranza da giovani di talento (Tim Roth, Steve Buscemi, Michael Madsen, Chris Penn), che torneranno quasi tutti a lavorare con il regista nei film successivi. Completano la squadra un vecchio campione della serie B come Lawrence Tierney, in uno dei suoi ultimi ruoli, e, nella parte degli altri due componenti della gang (Mr. Blue e Mr. Brown), lo scrittore noir Eddie Bunker (autore di Come una bestia feroce e Animal Factory) e lo stesso Tarantino.

Curatissima, come in tutta la filmografia successiva del regista cinefilo, è infine la colonna sonora, in cui riecheggiano vecchi successi pop-rock degli anni ’60 e ’70, fra cui Little Green Bag di George Baker e Hooked On A Feeling dei Blue Swede, che contribuiscono, con i loro ritmi spensierati, a creare quella atmosfera giocosamente perversa e stilisticamente vintage in cui si dipana la vicenda.

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Chiara C.Leonardo L.Sara M.
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