American Crime Story è una strana creatura. Presentata come spin-off di American Horror Story, con la serie madre ha in comune pochi tratti, di cui il principale è la produzione di Ryan Murphy.

Il caso O.J. Simpson

Questa è una serie true crime, cioè parla di crimini realmente accaduti. La vicenda della prima stagione è famosissima: Il caso O.J. Simpson è la storia del processo che a metà degli anni ’90 vide il campione di football afro-americano imputato per duplice omicidio. La serie idealmente “madre” American Horror Story, invece, è un prodotto di genere ipertrofico, deragliato e delirante, pieno di pregi e difetti in un caleidoscopio di stranezze che poco sembrano avere a che fare con la non-fiction. Eppure non è così: in AHS la finzione narrativa si basa quasi sempre su storie vere, fondandosi su una mitologia urbana del terrore radicata nel territorio e nell’identità americani.

In questo senso, Il caso O.J. Simpson non è distante da AHS: partendo da fatti veri, salienti per l’immaginario contemporaneo, racconta una storia immaginando i particolari del suo svolgersi. Certo, si ancora alla realtà in modo ferreo; ma il confine tra fiction e non-fiction è sottile, e lo show lo dimostra facendo scoppiare la logica anti-spoiler. In un mondo dove ci lamentiamo per il più piccolo svelamento della trama di film e serie, American Crime Story è capace di tenere gli spettatori incollati alla tv con una storia di cui i fatti salienti sono già noti. Il punto di una narrazione non è cosa succede, ma come lo si racconta, quindi?

Forse. Ma quello che conta, in Il caso O.J. Simpson, non è solo l’eccellente confezione. C’è la (ri)costruzione di un mondo, quello degli USA e della Los Angeles degli anni ’90, da una parte la ricchezza e la celebrità, dall’altra spaccature sociali e discriminazioni razziali, i riot, la violenza della polizia. È il teatro della tragedia di O.J., ma è anche un’America che assomiglia in modo impressionante a quella odierna. Raccontare oggi il processo a Simpson e l’influenza della sua copertura mediatica serve a riflettere sul presente, che è figlio di quel passato.

La violenza sistematica contro la popolazione di colore era (è) una realtà a Los Angeles e negli Stati Uniti, e molte delle cose accadute durante quel processo sono il risultato di una situazione di squilibrio insostenibile. È la storia di come la brutalità della polizia sia diventata la causa della paradossale assoluzione di O.J.: la strategia della difesa era credibile proprio perché questa vicenda accadeva in un mondo che vedeva (vede) la polizia aggredire sistematicamente e impunemente una parte della popolazione sulla base di idee razziste.

Il caso O.J. Simpson parla di queste cose. Discute di tematiche razziali e white privilege, partendo da un punto di vista bianco e sforzandosi di mantenere l’obiettività (senza riuscirci sempre). È accurata nella ricostruzione d’epoca (consultate i fact checking dei singoli episodi), ma ci restituisce un mondo che nemmeno allo sguardo appare troppo diverso da quello di oggi.