Prodotta dai fratelli Coen ma creata e scritta da Noah Hawley, Fargo arriva alla seconda stagione con un’ambientazione anni ’70 che racconta il massacro di Sioux Falls. La serie sembra un rompicapo: ti fa credere che, una volta decodificato il messaggio nascosto, l’universo si aprirà come uno scrigno regalandoti i suoi segreti. Ma la verità è che anche in questa brillante stagione Fargo parla di assurdità e caso (anagramma di caos). Cita esplicitamente Il mito di Sisifo di Albert Camus e seduce lo spettatore con le dissertazioni filosofiche del killer Mike Milligan, ma dal principio alla fine l’intreccio rappresenta soprattutto un mostruoso effetto domino provocato da un deus ex machina assurdo, più riconducibile al caso che a un disegno divino.

Hawley si rifà ai Coen creando un puzzle citazionista catalizzato dalla coppia Blumquist, specie dalla Peggy di Kirsten Dunst. Protagonista coeniana, incarna quei personaggi ordinari capaci di evocare forze primordiali e incontrollabili, che li travolgono. SPOILER Antenata ideale di Lester Nygaard, l’assurdo le si manifesta in modo indiretto, perché ad esso lei sembra immune: l’astronave aliena che perseguita tutti gli altri la lascia indifferente, ma provoca l’incidente che innesca la sua vicenda END SPOILER.

Il linguaggio della serie rimane quell’incrocio – coeniano – tra commedia nera e noir vero e proprio, ma questa volta si rifà anche ai codici del cinema western e del film di guerra. Abbiamo dunque duelli, banditi, prigioni assediate; e ogni singolo uomo ha partecipato a un conflitto armato. Sono generazioni militari a confronto: su tutte vince l’orrore del Vietnam, da cui provengono i personaggi principali più coriacei (Lou Solverson, Hanzee). Non solo guardie e ladri, quindi, ma veri e propri soldati che si danno battaglia nelle lande immacolate del Midwest. In Fargo, gli outsider sono in rivoluzione: Peggy e le donne del clan Gerhardt si rivoltano contro il potere patriarcale, mentre la guerra tra bande fa emergere le personalità del nero Milligan e del nativo Hanzee Dent, memorabili antieroi.

SPOILER ALERT. L’epica non è più quella triangolare della prima stagione, basata sulla sfida tra Lester, Molly e Malvo (pecorella smarrita, buon pastore e Satana). La stagione 2 è un racconto corale che non ha un vero baricentro, ma che trova il suo cavaliere oscuro nel terrificante personaggio di Hanzee: nemesi dei Blumquist, è un terminator sempre sulle loro tracce e un investigatore decisamente più efficiente rispetto a Lou. Hanzee ne uscirà a testa alta, ma chi conosce la storia sa già che è destinato a essere ucciso da Lorne Malvo, come forse anche Milligan.

Tentare di decifrare riferimenti e citazioni trovando un significato “altro” è un gioco divertente ma freddo, utile e inutile al tempo stesso – un Fargo di Schröedinger, sensato e insensato, come la vita di donne e uomini. Rimane però uno di quei piaceri della serialità televisiva da vivere tra una settimana e l’altra, in quello spazio in cui inventiamo le mirabolanti teorie non ancora uccise dal binge-watching.

Sara M.Chiara C.Giacomo B.
88/99