Educazione Siberiana di Gabriele Salvatores, con John Malkovich, Arnas Federavicius e Vilius Tumalavicius. Se vi state chiedendo come mai online circolino recensioni e opinioni piuttosto contrastanti, è presto detto: per via del suo soggetto, subito riconducibile alle sconfinate terre siberiane in Russia.

Già la supposta ambientazione crea uno dei tanti problemi che si raggrumano attorno al pur gradevole lavoro di Salvatores. Infatti, durante la visione del film, tra il pubblico serpeggiava la cruciale domanda: ma la Siberia del sud dove si trova esattamente? Non sta forse nelle zone di confine tra Russia, Cina e Mongolia? Esatto. Il fatto è, però, che qui l’azione si svolge in Transnistria, nella Moldavia Orientale, al confine con l’Ucraina (vi proponiamo un paio di mappe qua sotto). Una notevole differenza! Già il titolo è fuorviante, ma sono ben altri i problemi ereditati dall’omonimo libro di Nicolai Lilin, dal quale è tratta la pellicola. E questo, forse, rappresenta il vero, e maggiore, problema; o, per usare le parole di nonno Kuzja, capo clan dell’organizzazione di malviventi nella quale crescono i protagonisti, “la picca è come la croce, ci accompagna per l’intera nostra vita”. Così, l’inevitabile dipendenza dal romanzo sembra la croce che il film dovrà portare finché circolerà.

La trama. Educazione Siberiana è un romanzo di formazione: al centro della storia troviamo due amici Kolyma e Gagarin, cresciuti in una comunità di “onesti criminali”. Diversi piani temporali si intersecano: Kolyma, soldato russo che combatte i ceceni, ricorda da adulto le sue esperienze giovanili, al tempo in cui apprendeva le regole d’onore proprie di quell’educazione “siberiana” impartitagli dal nonno. Kolyma e Gagarin, però, sono destinati a seguire due percorsi ben diversi, che li porteranno ad una drammatica resa dei conti. Man mano che il film procede, i due piani tenderanno a fondersi, chiudendo il cerchio narrativo.

Una chiave di lettura possibile. La storia dell’amicizia tra i due ragazzi sembra davvero essere la chiave di lettura privilegiata da dare a questo film. Salvatores stesso sottolinea, in un’intervista a Stefania Ulivi, il suo interesse per questa tematica, peraltro già presente, ad esempio, in Io non ho paura: “seguiamo questi due ragazzi Kolimà e Gagarin nel momento di passaggio tra adolescenza e età adulta, un tema che mi appassiona, […] è il primo momento in cui tuo ego si deve misurare con il mondo”. Ed è bene tenere a mente, come il regista stesso rimarca nel discorso di apertura all’anteprima bolognese, che questo film non andrebbe visto come se fosse un documentario, ma piuttosto come una fiction contenente alcuni (in realtà, pochi) elementi di verità.

Il romanzo: una menzogna (?) Oltre a raccontare diversi aneddoti circa la realizzazione del film, Salvatores sembra insistere su questo aspetto di fantasia, probabilmente consapevole delle numerose critiche mosse al romanzo di Lilin da autorevoli slavisti, come Stefano Garzonio (Roberto Carnero cita il suo giudizio in “L’educazione siberiana di Lilin il bugiardo”) e Anna Zafesova (“Indagine su un libro culto della mafia post sovietica. Sembrava tutto vero”). Anche in Russia le cose non sembrano andare bene per Lilin, se leggiamo qui (in russo).

Dov’è la Russia? Educazione Siberiana sembra un edificio costruito su una sottile lastra di ghiaccio sempre pericolosamente incline alla crepa, e dunque al crollo. Alla non proprio affidabile verità raccontata da Lilin nel suo romanzo, si sommano i problemi, più o meno apparenti, dovuti a precise scelte di produzione. Come ci racconta Salvatores in un’intervista rilasciata in esclusiva a Cinema Errante, i costi, i tempi e la burocrazia russa hanno reso impossibile girare in Russia. L’idea di realizzare il film in Lettonia si rivela, però, infelice, specialmente agli occhi di chi quei luoghi li ha davvero visti: in alcuni campi lunghi o lunghissimi sono riconoscibili paesaggi baltici, piuttosto che russi. Anche gli interpreti non sono propriamente azzeccati: c’è il caso eclatante di Eleanor Tomlinson, attrice inglese che nulla ha di russo, e che lascia molto a desiderare in quanto a capacità recitative. Al contrario, sono molto buone le performances di Arnas Fedaravicius e Vilius Tumalavicius; peccato però che i loro tratti tradiscano una chiara origine lituana.

Note di merito. Rimanendo in argomento, non possiamo tacere la bravura di John Malkovich, la cui recitazione dona un’impronta significativa alla pellicola. Profonda è la bellezza di alcune scene – una su tutte: le riprese sotto le acque del fiume in piena, in cui corpi e oggetti si confondono in balia delle correnti. Altrettanto degne di nota sono la competenza della costumista Patrizia Chericoni (è il caso di dirlo: in Educazione Siberiana è proprio l’abito a fare il monaco!), e la professionalità di Rita Rabassini, che ricostruisce con perizia gli interni russi e sovietici.

Nel complesso, Educazione Siberiana è un film sicuramente migliore di molte altre produzioni oggi in sala, a patto che lo si guardi con gli occhi giusti. In caso contrario, rischiate di farvi un’idea del tutto distorta dei russi, e dei siberiani in particolare.

Scritto da Irina Marchesini.

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