Il matrimonio che vorrei è un film interpretato da Meryl Streep e Tommy Lee Jones, per la regia di David Frankel. Vi si narra la storia di Kay e Arnold, sposati da più di trent’anni ma ormai poco più che estranei in casa. Mentre lui sembra chiudersi in se stesso e reagire con indifferenza al venir meno del desiderio sessuale, lei non si rassegna e decide di ricorrere alle cure di un rinomato terapeuta di coppia: con conseguenze disastrose, almeno nel breve periodo.

Un tema assolutamente classico, come quello della crisi coniugale susseguente alla mezza età, funge qui da spunto iniziale per una commedia dallo stile sobrio e garbato, decisamente in controtendenza rispetto allo spirito triviale e fracassone tanto di moda a Hollywood.

Il maggior pregio del film consiste nella capacità di offrire allo spettatore, oggi abituato a personaggi macchietta e situazioni improbabili, un ritratto realistico e credibile di una coppia di sessantenni a tutto tondo, la cui psicologia non si ferma a semplici stereotipi grotteschi: di pari passo con la terapia cui essi si sottopongono, infatti, Il matrimonio che vorrei scava nella sfera intima dei due protagonisti, senza alcun timore di mostrarne le debolezze e gli aspetti più sgradevoli, ma con delicatezza e sincera partecipazione emotiva. Il tutto racchiuso in una confezione semplice ma elegante, con grande cura delle ambientazioni e dosi abbondanti di umorismo agrodolce, che pur trattando situazioni spesso imbarazzanti, non scade quasi mai nel volgare.

Purtroppo non tutte le premesse iniziali finiscono con l’essere sviluppate a dovere nello svolgersi della vicenda, che a tratti appare incerta sulla strada da prendere, senza raggiungere quasi mai quella vetta di eccellenza narrativa che lascerebbe presagire più di una volta. La regia di David Frankel (che aveva già diretto la Streep ne Il diavolo veste Prada) è corretta ma non esageratamente brillante, limitandosi a illustrare una sceneggiatura (scritta dalla giovane Vanessa Taylor) nell’insieme convincente, ma non immune a soluzioni fin troppo concilianti, specie nel finale.

Per fortuna la coppia di protagonisti, entrambi eccellenti, dimostra un’alchimia fuori dal comune: se Meryl Streep si cala nel ruolo con la giusta umiltà, replicando in versione moderata il suo personaggio di donna di mezza età ansiosa e dalla vita sessuale problematica di È complicato di due anni prima, a sorprendere è il serio Tommy Lee Jones, autore di una prova di rara intensità, nella parte del marito burbero e apparentemente arido, dimostrandosi perfettamente a suo agio anche fuori dallo stereotipo del duro à la Clint Eastwood. Bravo anche Steve Carell, che abbandona a sua volta la maschera comica che lo ha reso noto, dando vita al serafico e suadente terapeuta sessuale, mentre risulta poco utilizzata Elisabeth Shue nei panni di una barista senza peli sulla lingua.

Accolto positivamente sia dalla critica che dal pubblico statunitensi, Il matrimonio che vorrei è una commedia molto godibile e piena di momenti divertenti – su tutti, la serata intima di Kay e Arnold in stanza d’albergo sulle note di Let’s Stay Together di Al Green – anche se un pochino di cattiveria in più non avrebbe guastato.

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