Pina Bausch, una delle più importanti coreografe contemporanee, fautrice del teatro danza, è la assoluta protagonista di Pina 3D. Scritto per essere un film a quattro mani con Wim Wenders, all’improvvisa morte della coreografa diviene un film omaggio alla Bausch.

Presentato all’ultimo Festival di Roma, dove è stato preceduto dall’esecuzione della coreografia Nefés, “regalata” dalla Bausch all’Accademia di danza di Roma, questo film/documentario è un autentico omaggio all’artista e alla donna. Sebbene non abbia un filo narrativo, coinvolge anche i non appassionati, usando la danza per trascinare lo spettatore nell’universo sensoriale ed emozionale di Pina Bausch.

E l’uso del 3D è fondamentale in questo coinvolgimento del pubblico, braccia e gambe dei ballerini continuano i loro movimenti allungandosi fuori dallo schermo. Ed anche se in alcuni momenti i volti, con la stereoscopia, risultano un po’ artefatti, nelle scene di insieme il risultato è veramente  interessante.

Unici interpreti sono i ballerini della sua compagnia, la Tanztheater Wuppertal, che hanno collaborato con lei anche per più di vent’anni e che ne tratteggiano il carattere. La storia di Pina Bausch viene raccontata con brevi interviste ai suoi danzatori, molto efficace la tecnica della loro voce off e il loro viso sullo schermo, e soprattutto dalle sue coreografie eseguite non solo in un teatro, come per il celebre pezzo Cafè Muller, ma anche in vari luoghi della città di Wuppertal: la sopraelevata, un incrocio, un parco, un fiume, una piscina pubblica. Il tutto intramezzato dal passaggio dei ballerini, in fila indiana, come in un corteo funebre, ripetono una serie di movimenti ad indicare il passare delle stagioni.

Il ritratto che ne viene fuori non è solo di un’artista straordinaria, che ha cambiato il concetto di danza, ma anche di una maestra di vita, che cercava nei suoi ballerini e nelle loro emozioni i movimenti della sua prossima coreografia.

Danziamo, danziamo, altrimenti siamo perduti.

Scritto da Flavia Cavallo.

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