Settima stagione The Good Wife

The Good Wife è uno degli esempi più belli di serialità televisiva. Cast stellare e scrittura acuminata non sono le uniche doti di uno show così longevo da arrivare, 22 episodi alla volta, alla settima stagione, in corso ora su CBS. Prodotta da Ridley Scott e firmata dai coniugi Michelle e Robert King, la serie sfonda le pareti del genere procedurale giudiziario parlando dell’attualità politica USA. La sua visione critica non esita davanti alle contraddizioni e ai grandi tabù americani: il controllo sulle armi da fuoco, l’istituto matrimoniale, la profilazione razziale; e non dimentica mai la cronaca recente (un esempio su tutti, i riferimenti a Ferguson, Missouri, nell’episodio 6×12 The Debate).

La politica è ancora al centro dello show nella stagione 6, che mostra i meccanismi della comunicazione durante la campagna elettorale di Alicia Florrick (Julianna Margulies). I King non si fanno remore nemmeno verso la loro protagonista, mettendo alla berlina trucchetti e assurdità formali: la propaganda è solo ciarpame, anche quella di Alicia.

Nel corso delle stagioni il personaggio di Alicia si è sviluppato fortificandosi, ma anche scendendo a patti con l’ipocrisia. Lei e Peter sono la coppia di potere, i “Bill e Hillary sotto steroidi”, sorrisi e miele davanti alle telecamere, separati in via ufficiosa; col suo studio Alicia ha lavorato per lo spacciatore Lemond Bishop, che le ha poi finanziato la campagna elettorale. Lo show ci ha mostrato un’evoluzione possibile solo grazie al cinismo che Saint Alicia ha imparato a praticare, acquistando indipendenza e coraggio, sul quale il giudizio morale rimane sempre magistralmente sospeso – e anche in questo i King sono dei grandi sceneggiatori.

Nel corso degli anni la qualità è rimasta altissima, anche se qualcosa nell’universo narrativo è cambiato. La serie dà ancora grande spazio al diritto applicato alle nuove tecnologie, con i suoi paradossi e i vuoti legislativi, tra pistole 3D, pirateria, Bitcoin, Anonymous, Spotify e Chumum, il Google di The Good Wife. Il will-they-won’t-they è finito con la morte di Will Gardner, mentre dalla stagione 5 abbiamo assistito alla frantumazione del rapporto tra Alicia e Kalinda, fino all’uscita di scena dell’investigatrice.

La nuova stagione vede un’Alicia freelance, accompagnata dalla collega Lucca Quinn, donna e nera, fuori dagli schemi della Lockart-Gardner-Florrick-Agos e dalle abitudini dello show, poco incline a coinvolgere attori afroamericani in ruoli positivi. Continua il corteggiamento professionale da parte di Louis Canning, che Alicia afferma essere il diavolo in persona, interpretato da un immenso Michael J. Fox.

Nonostante qualche sporadico momento di stanchezza, The Good Wife non si trascina, ma è anzi rimasto uno show godibilissimo, che sfronda le ipocrisie della società americana, e che riesce ad essere persino educativo, come quando insegna a formare un sindacato (4×21, A More Perfect Union). È proprio in questi piccoli archi narrativi volti a illustrare quadri di realtà che The Good Wife funziona e funzionerà sempre benissimo.