Jim Mickle sbarca finalmente nelle sale italiane con il noir Cold in July, tratto dall’omonimo romanzo di Joe R. Lansdale, dopo aver favorevolmente impressionato critica e pubblico sia al Sundance che a Cannes. È un regista attivo sulla scena indipendente americana da una decina d’anni, capace di creare attorno a sé un piccolo culto grazie a una tripletta horror (da noi direttamente in home video) in cui rielabora i tradizionali topoi del genere – zombi, vampiri e cannibali – in chiave di critica nei confronti del fanatismo religioso, dando prova di cupa sensibilità e di notevole senso della suspense malgrado budget risicatissimi.

Cold in July conferma l’abilità del regista anche al di fuori del suo genere d’elezione, capitalizzando le atmosfere pulp del romanzo da cui è tratto. Nel narrare la vicenda di Richard Dane (Michael C. Hall), un padre di famiglia che, dopo aver ucciso per sbaglio un ladro in casa, finisce in mezzo a una torbida storia di crimine, Mickle riesce a trasmettere tutti i dubbi, i timori, l’inquietudine del protagonista, che cerca di mantenere i propri principi e una certa lucidità mentale in un mondo che non conosce e che lo terrorizza, ma dal quale egli stesso sceglie di non fuggire, essendone in fondo attratto. Accantonata l’abusata premessa del cittadino perbene che spara, la storia cambia direzione, aprendosi verso nuovi spunti narrativi per nulla scontati, e coinvolgendo vari personaggi, non tutti caratterizzati ugualmente bene. Il punto forte della sceneggiatura sta nel creare premesse nello spettatore per poi distruggerle subito dopo, soprattutto quando entra in scena l’ex carcerato Ben Russell (Sam Shepard), che funge da Caronte nel viaggio all’inferno intrapreso da Dane, e sul cui desiderio di vendetta la vicenda finisce col focalizzarsi.

Insaporito da spruzzate di lunare sarcasmo degno dei fratelli Coen, sul piano registico Cold in July si fa apprezzare per l’azzeccata ambientazione nel Texas del 1989, che dalla tranquilla cittadina in cui tutti più o meno si conoscono sconfina negli spazi selvaggi e desolati di una frontiera che inghiotte ancora corpi e anime dei quali nessuno chiederà mai conto. A dare al film una marcata impronta anni ’80, oltre a certi espedienti narrativi (l’utilizzo di apparecchi VHS per la risoluzione dell’intrigo, quasi come se la perversione e la violenza di cui Dane viene a conoscenza ci apparissero filtrate attraverso i mezzi di quell’epoca), è anche il largo utilizzo del synth nella colonna sonora. Riguardo agli attori, alle ottime prove di un tragico Sam Shepard e di un divertente Don Johnson (nella parte di un detective privato tamarro quanto abile) si affianca quella di un Michael C. Hall forse più imbambolato del necessario, ma comunque adatto al ruolo, perché non diventi l’ennesimo giustiziere della notte di turno.

Uscito in Italia in sordina e con un anno di ritardo, Cold in July è un’opera imperfetta, ma sicuramente più interessante dei tanti action movies con protagonista invincibile di cui ormai il mercato è saturo.

Davide V.Chiara C.Edoardo P.
7 1/27/87