Cos’è il tempo? È possibile fermarlo? Forse è possibile fissarne degli istanti, che si staccano dal correre continuo degli eventi, e se ne stanno lì, sospesi, nella memoria, a fluttuare. Non sono quasi mai momenti importanti, si tratta sempre di dettagli, felici o meno, di avvenimenti per lo più insignificanti.

Boyhood, capolavoro di Richard Linklater, racconta dodici anni della vita di Mason, dall’infanzia, all’adolescenza fino all’età adulta attraverso eventi piuttosto comuni a tutti i ragazzi: i giochi con gli altri bambini, i dispetti della sorella, la scuola, il rapporto con mamma e papà, i nuovi compagni della donna, la nuova moglie dell’uomo dalla quale ha un bambino, le vacanze, gli hobby e le passioni, le fidanzate, l’università. Senza troppi traumi, eludendo le scene madri, la vita del protagonista scorre con tranquillità e naturalezza. Accanto a loro i genitori invecchiano, mettono su peso, si ritrovano qualche ruga in più attorno agli occhi, variano abbigliamento, diventano forse più pacificati. Difficile a questo punto non trovarsi di fronte a una sorta di corto circuito, poiché, per quanto si sia ovviamente nell’invenzione, c’è qualcosa, una specie di strappo, che si inserisce e squarcia il tempo della finzione portando i segni del tempo reale: il corpo. I corpi degli attori sono invecchiati e mutati realmente, al di là di qualsiasi messa in scena. Per cui Ellar Coltrane che recita il ruolo di Mason ha davvero cambiato voce durante la pubertà, è diventato più alto, il suo viso si è fatto più spigoloso. E quindi dove sta il corto circuito? Nel fatto che i due tempi, tempo reale e tempo della finzione, coincidono. Nel fatto che Ellar Coltrane cambia realmente voce quando la dovrebbe cambiare anche Mason, che Lorelei Linklater diventa adulta quando anche Samantha si trasforma in una giovane donna, che Patricia Arquette e Ethan Hawke si scoprono le rughe sul viso quando anche i personaggi della madre e del padre iniziano a superare i quarant’anni. Che Linklater abbia sempre lavorato attorno al tempo non è una novità: forse l’esempio più noto rimane la trilogia dei Before che ruota attorno alla storia d’amore tra Jesse e Celine. Anche in questo caso i protagonisti crescono e maturano di pari passo al corpo dei loro interpreti, tanto che sarebbe impossibile pensare alla coppia impersonata da altri attori, tale è l’alchimia tra i due, ma soprattutto il sentimento di “affetto” che lo spettatore finisce per provare per i due personaggi, quasi fossero persone reali (e, in un certo senso, lo sono).

Boyhood regala tre ore di eternità a dodici anni di vita di un ragazzino, dodici anni che potrebbero essere di chiunque, dodici anni di una vita che scorre lenta e tranquilla, con gli entusiasmi ovvi di quell’età e con le piccole delusioni che man mano si imparano a affrontare, però quelle tre ore sono solo di Mason, del suo viso che cambia e del suo corpo che si allunga, del suo sguardo rivolto al cielo e distolto dagli occhi di una ragazza, della sua vita che continua.

Scritto da Gloria Zerbinati.

Gloria Z.Alice C.Antonio M.Chiara C.Edoardo P.Eugenio D.Michele B.Sara S.Thomas M.
107 1/29888 1/2877