Difficilmente un cinefilo disprezza altre forme d’arte; per questo motivo, vi proponiamo oggi un post “diverso”, parlandovi della presenza di artisti russi all’edizione appena conclusasi di ArteFiera,  una delle più importanti manifestazioni fieristiche bolognesi.

Il nome sicuramente più noto nel panorama dell’arte contemporanea russa è quello di Il’ja (Ucraina, allora Unione Sovietica, 1933) e Emilia Kabakov (1945). Da questo sodalizio nascono numerosissime opere, che vanno dalla scultura alle più famose installazioni totali, contraddistinte dal marcato interesse nei confronti della quotidianità sovietica. Ad ArteFiera 2013 il visitatore ha potuto ammirare due sculture (The Hand, 2009, marmo e Pianist and Musa, 2000, ceramica) presso lo stand della galleria Lia Rumma, con la quale i Kabakov hanno instaurato un lungo rapporto lavorativo. L’opera esposta da Artevalori (Genova), Angel and Landscape (2001, materiali vari), acquisita proprio in occasione di ArteFiera 2013, ci parla direttamente della riflessione dei Kabakov sul mondo sovietico. Essa sembra rievocare nella mente dello spettatore queste parole dell’artista: “uno dei ricordi più dolci della mia infanzia a Mosca è di quando io e mia madre camminavamo lungo le vecchie strade del centro della città e sbirciavamo nelle finestre di chi abitava al piano terra, immaginando una vita appagante e invitante sotto la luce calda dei lampadari all’interno delle loro abitazioni”. Ed è proprio in maniera analoga che la taburetka (sgabello), oggetto comune e diffusissimo nelle case sovietiche, diventa finestra e cornice di un fazzoletto di terra abitata, guardata dall’alto da un angelo. La raffinata costruzione costringe lo spettatore a sforzarsi di capire l’opera: la sua attenzione è inevitabilmente attratta dal paesaggio custodito all’“interno”, ma il suo rapporto con il “cuore” dell’opera varia inevitabilmente a seconda del punto di osservazione (in piedi, sulle ginocchia, sdraiato…).

Altri nomi importanti si potevano incontrare allo stand di Nina 2, una galleria nata sette anni fa a Milano e specializzata in arte russa contemporanea per volere della responsabile Nina Colantoni che, a seguito di un periodo di formazione a Mosca, ha deciso di diffondere la cultura russa qui in Italia. Le atmosfere nordiche evocate nelle opere degli artisti proposti tradiscono però un linguaggio universale: i paesaggi urbani (soprattutto moscoviti) di Konstantin Batynkov (1959) sembrano farsi portavoce della solitudine alla quale è condannato l’uomo contemporaneo, pur mostrando caratteri tipicamente russi, come le ambientazioni e l’uso di un grigio “dostoevskijano”. Solitudine e ineluttabilità del tempo sono tratti che accomunano Batynkov a Aleksandr Brodskij (1955), di cui abbiamo potuto vedere tre recentissime opere, raffigurazioni di edifici realizzati in argilla cruda. L’interesse primario per l’elemento architettonico, che si ritrova anche nelle due opere di Valerij Košljakov (1962), induce a meditare sul ruolo dell’edilizia sovietica e sulla sua attuale eredità (vedi anche, a questo proposito, la recensione di Ironija sud’by, ili s lëgkim parom!).

Una riflessione universale, ma inscindibile dal retaggio culturale sovietico, è quella portata avanti da Andrej Molodkin (1966), l’artista forse più interessante di questa ArteFiera 2013, esposto da By Gallery. Per capire il suo rilievo a livello internazionale, basti pensare che solo tre settimane fa la Tate Modern di Londra ha acquisito una sua grande installazione. Il gallerista Roberto Borgonovo ci racconta con passione l’esperienza di quello che si può definire un artista a tutto tondo, ma che deve il suo successo alle opere realizzate con l’“oro nero”. L’ossessione di Molodkin per il petrolio nasce nel periodo in cui l’artista lavorava come soldato addetto alla sorveglianza del trasporto del petrolio. È proprio durante questi lunghi viaggi che elabora la sua poetica, saldamente basata su una serie di concetti-cardine: il petrolio come sangue della terra, e dunque elemento di vita, ma anche di morte (si faccia riferimento alla plastica come agente inquinante). Nelle opere esposte il petrolio è inserito all’interno di sagome contenute in blocchi di acrilico; queste sagome sono lettere, che nel loro insieme compongono forti messaggi volti a scuotere la coscienza del pubblico (qui trovate un’interessante intervista all’artista).

Non sono mancate anche proposte “nuove”: sempre da By Gallery troviamo le foto di Nataša Šulte (Ucraina, allora Unione Sovietica, 1975); la galleria tedesca Beck&Eggeling ci presenta Aljoscha (Ucraina, allora Unione Sovietica, 1974), mentre Mimmo Scognamiglio propone una giovane artista dalla Siberia sud-occidentale, Tat’jana Achmetgalieva (1983), facendoci conoscere il suo originale modo di lavorare con i fili.

Nel complesso, il numero delle opere russe è sembrato abbastanza esiguo, ma indubbiamente di un livello molto alto. Si segnala anche la proiezione, nell’ambito dell’Art City White Night (la notte bianca dell’arte), del documentario Tomorrow (2012) di Andrej Grjazev.

Scritto da Irina Marchesini.

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