Il tour europeo dei Cranberries, partito da Londra il 2 ottobre, prosegue toccando Francia, Austra, Repubblica Ceca, Serbia e Germania, per poi tornare nuovamente in Francia con due concerti a Beauvais e Montbeliard l’8 e il 9 dicembre. Cinema Errante vi racconta la data padovana del 28 ottobre, che insieme alle tappe di Milano e Roma ha portato la band irlandese a visitare nuovamente il Bel Paese dopo il reunion tour del 2010. Se i concerti di due anni fa hanno segnato il ritorno sul palco di Dolores O’Riordan e soci dopo sette anni di assenza, quelli di quest’anno hanno invece coronato il rientro della band in sala di registrazione: il Roses tour prende infatti le mosse dall’omonimo album, uscito a fine febbraio 2012.

Sin da prima del tour (per altro posticipato rispetto all’iniziale programmazione estiva) è stato però chiaro che band e discografici puntavano a riattizzare il fuoco del fandom già esistente, piuttosto che a cercare nuovi proseliti. L’album, che pure conta undici tracce melodiche e accessibili, non ha raggiunto la notorietà dei cinque precedenti: l’onnipresenza radiofonica della gradevole “Tomorrow”, estremamente catchy e in pieno stile Cranberries, non è stata bilanciata con un’adeguata promozione degli altri brani (a tutt’oggi si tratta dell’unica traccia di Roses uscita ufficialmente come singolo e non solo come promo o come brano per la radio).

Il tour conferma la volontà di puntare sulle certezze già consolidate in ventitre anni di attività, almeno per quanto riguarda la data del Palafabris di Padova, con una setlist di ventisei brani che prevede solo cinque tracce da Roses. Pur essendo quest’ultimo un album certamente apprezzabile (anche se meno incisivo dei precedenti), la scelta si rivela vincente e la performance riesce subito a conquistare i 4500 spettatori presenti, dissipando la perplessità lasciata dall’esibizione di apertura del Cile e della sua band (e non era facile scacciare il ricordo di testi pregnanti come quello di “Tamigi”: “Ma certo che ti aiuterò con l’inglese / prima che tu parta per Londra. / Quando vedrai il Tamigi di notte / e riflessa ci sarà la mia ombra.”)

Dolores scalda subito l’atmosfera presentandosi sul palco con un’improbabile mise a metà fra mistress (bustino rosso fuoco e scialle nero sventolante) e cowgirl da county fair (pantaloni di pelle neri e rosa shocking con frange azzurre e gialle). Fortunatamente la deriva estetica un po’ Madonna e un po’ Rednex è compensata dal ritorno dai capelli biondo platino con cui la O’Riordan è entrata a far parte dell’immaginario collettivo ai tempi di No Need To Argue, album che ha consacrato il successo della band nel 1994, dopo l’esordio del 1993 con Everybody Else is Doing It (So Why Can’t We).

Ma nonostante i due (graditi) cambi d’abito, che trasformano Dolores prima in una riot grrrl all-black con guanti e anfibi e poi finalmente in una dea con un lungo abito bianco (con cinturone nero sfrangiato, non sia mai), la dimensione visiva non è che uno sfondo per la dirompente carica musicale che il gruppo riesce sempre a trasmettere ai fan. Partenza esplosiva con “Analyse”, “Animal Instinct” e “Just My Imagination“, con in mezzo “How” (brano meno mainstream, ma sempre di grande effetto). La commovente “When You’re Gone” (da To The Faithful Departed, del 1996) lascia poi spazio alla tripletta di brani dal disco d’esordio, “Wanted”, “Waltzing Back” e “Sunday”, intervallati dal primo brano scelto da Roses, “Schizophrenic Playboys”.

Le due canzoni tratte dai lavori solisti della O’Riordan (“Ordinary Day” e “The Journey”) aprono la strada alla scarica di energia di “I Can’t Be With You“; segue uno dei pochi passi falsi della scaletta, la versione strumentale di “Shattered”, che soffre irrimediabilmente della mancanza della traccia vocale e diviene letteralmente irriconoscibile. Fortunatamente i tre musicisti Noel Hogan, Mike Hogan e Fergal Lawler riprendono subito le redini della situazione, pronti a lanciare Dolores in un tripudio di acuti e virtuosismi canori con nuovi brani (“Losing My Mind”, “Tomorrow” e “Show Me”) e vecchi successi (“Empty”, “Twenty-One”, “Ridiculous Thoughts” e soprattutto le attesissime “Linger“, “Salvation” e “Zombie“, che fa cantare l’intero palasport).

La voce della cantante rimane l’asso nella manica della band, pur senza nulla togliere al talento degli strumentisti: l’amore per i fan (con cui Dolores interagisce per l’intero concerto, accettando una rosa rossa e una bandiera irlandese) traspare in ogni nota modulata con la stessa voce argentina di vent’anni fa. Ed è ai fan di vecchia data che i Cranberries regalano un’interpretazione magistrale e da brividi della splendido brano “No Need To Argue“, raramente eseguito dal vivo, prima di suggellare l’encore con l’immancabile “Dreams“. Impossible to igno-ore.


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