Hommelette for Hamlet, con la regia e la presenza in scena di Carmelo Bene, viene realizzato nel 1987 sia come spettacolo teatrale, sia come opera per la televisione, anche se la versione per il piccolo schermo verrà trasmessa da Rai Tre solo nel 1990. Altri interpreti che affiancano Bene sono: Ugo Trama (il Re), Marina Polla De Luca (Kate, Ofelia), Achille Brugnini (Orazio), Stefania De Sanctis (Beata Ludovica Albertoni, Gertrude), Vladimiro Waiman (Angelo, Will) e infine Osvaldo Cattaneo, Walter Esposito, Franco Felice, Luciano Fiaschi, Davide Riboli e Andrea Zuccolo che interpretano degli angeli. Scenografie e costumi sono di Gino Marotta, il quale, grazie a questa realizzazione, portò a casa il premio Ubu per la scenografia nel 1988.

Il testo shakespeariano è anche in questo caso, così come si era già visto in Un Amleto di meno, fortemente contaminato con quello di Laforgue dal titolo Amleto, o le conseguenze della pietà filiale. Qui forse c’è una riduzione ulteriore del testo rispetto agli Amleti precedenti del Bene, cosa che risalta in particolar modo nei bigliettini letti da Orazio che riportano alcune delle battute del principe di Elsinore.

La scena si presenta come un complesso monumentale in marmo bianco con numerosi angeli che richiamano l’estetica berniniana; è inoltre presente in scena una sorta di riproduzione dell’Estasi della Beata Ludovica Albertoni del Bernini impersonata da Stefania De Sanctis. Queste presenze sceniche alternano momenti di completa stasi a momenti in cui iniziano a muoversi in maniera meccanica, senza volontà del gesto, in una sorta di effetto carillon che gioca sul limite tra l’organico e l’inorganico.

Il bianco e, in alcuni personaggi, l’oro che dominano la scena regalano una base perfetta per moltiplicare le possibilità espressive della luce, creando forti ombreggiature e contrasti, e soprattutto ottenendo una luce intensa e circoscritta perfetta per la dimensione mistico-straniante di cui è infusa l’opera.

La colonna sonora è riadattata e realizzata da Luigi Zito. I registri sono diversi e possono andare dal canto lirico al recitativo, fino alla recitazione normale, ma la particolarità fondamentale dal punto di vista sonoro è l’utilizzo dell’amplificazione e delle apparecchiature foniche in live. Infatti non ci sono parti in playback come in altri spettacoli beniani e nemmeno si cercano di nascondere i microfoni nella ripresa video.
In conclusione, quando si guarda quest’opera si ha la sensazione di assistere a un Amleto regolato da un meccanismo ad orologeria, per cui gli eventi scenici si susseguono mentre gli ingranaggi girano e fanno scattare quasi automaticamente le situazioni presentate allo spettatore. Intensa è anche la sensazione di straniamento: ci si trova immersi in un ambiente distante dal castello in cui si svolge tradizionalmente la vicenda di Amleto (e la cui regalità è suggerita attraverso rimandi ad alcuni elementi precisi, come l’utilizzo dell’oro per alcuni personaggi), e il tutto è sospeso in una dimensione celestiale, quasi onirica, al cui risveglio ci attenderà, il prossimo mese, uno sguardo sulla Macbeth Horror Suite.

Scritto da Anna Silvestrini.

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