E’ appena uscito (il 10 settembre 2012) La Futura, il nuovo album dei ZZ Top, storico trio blues rock di Houston. La loro è una storia lunga, iniziata nel lontano 1969 nella città resa famosa a livello mondiale da quel celebre “abbiamo un problema Houston” lanciato dall’Apollo 13 in forte difficoltà, nello spazio. Una storia lunga e di successo, specialmente (ma non solo) in patria, che ha spaziato dal blues all’hard rock, sempre rimanendo fedeli a quel tipico sound quattro quarti, lo stesso caro a grandi del rock mondiale, come gli AC/DC, con alcuni accenti cari a Jagger e Richards. Loro ci aggiungono le barbe (vedere per credere) e una buona dose di energia, un sound rassicurante e puramente rock.

Sono dieci i brani dell’LP, struttura monolitica quanto i giri di basso presenti nelle loro canzoni: un basso implacabile, instancabile. Si inizia con I Gotgsta Get Paid, e si continua con l’energica Chartreuse, forse il brano più azzeccato del disco: tempi blues, assoli da manuale e atmosfera da vecchio pub texano sperduto nel nulla, più birra e cappello, ovviamente. Non ci si discosta troppo dai precedenti brani con Consumption, che non fa altro che ribadire il concetto rock duro e puro. Con Over You ci si da una pausa, ancora più blues: sembra quasi di avvertire gli schiamazzi degli avventori del pub (qualcuno è già caduto sotto al tavolo, probabilmente) perché il brano è particolarmente rilassato e la voce di Gibbons è più roca, fumosa e calda che mai.

Ci si risveglia decisamente con Hearthache in Blue (molto “rollingstoniana” perdonatemi il neologismo) seguita da I Don’t Wanna Lose, Lose, You: si picchia forte sulla batteria, su questo non c’è dubbio. L’intro di Flying High è davvero molto in stile AC/DC (non per la voce, ovviamente) con ritornello più pop e assolo di chitarra molto godibile, mentre con It’s Too Easy Mañana si riprende fiato, per arrivare a Big Shiny Nine e concludere infine con Have a Little Mercy.

Le atmosfere rock sono circa le stesse nel corso dell’intero disco, rendendo La Futura un album non certo originale ma nel complesso omogeneo: se cercate un album innovativo e sperimentale vi consiglio di evitarlo, ma se siete amanti del rock vecchio stile e senza sorprese, potrebbe fare al caso vostro. In ogni caso, complimenti ad un gruppo che è riuscito a rimanere a galla per quarant’anni e che ancora adesso ci scuote a tempo di rock, con coreografie a tratti imbarazzanti.

Non è da tutti, bisogna riconoscerlo.

Scritto da Massimiliano Lollis.

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