Carmelo Bene resta ancora, a dieci anni dalla sua morte avvenuta a Roma il 16 marzo 2002, un artista unico nel proprio genere. La sua opera va a formare un universo a parte sia nella tradizione teatrale che in quella audiovisiva, ma soprattutto è basata su una profonda e complessa riflessione culturale tutta orientata a distruggere la rappresentazione come mimesi del reale. In Bene l’incontro tra teoria e pratica è sbalorditivo, e per uscire dallo scimmiottamento di un Altro in scena, l’artista pugliese escogitò tutta una serie di controtecniche attoriali per portare l’attore ad uscire da sè e a cadere nell’oblio, senza doversi affidare ad un fortuito “stato di grazia” tramite il quale farsi possedere dallo spirito di questo o quell’altro personaggio ogni qual volta l’attore deve portare in scena un’opera.

Coloro che non hanno avuto la fortuna di vedere Bene all’opera dal vivo possono deliziarsi con le numerose interviste, i lavori vocali e le registrazioni video che ci sono rimasti. Sicuramente da non perdere sono i suoi interventi al Maurizio Costanzo Show, dove si mostrò in tutta la sua famigerata irascibilità – che poi a ben guardare non fu mai gratuita, nascondendo sempre in sè degli spunti per capire meglio il processo a cavallo tra il creativo e il distruttivo dell’artista.

Artista poliedrico, Bene fu autore o co-autore di diversi testi: oltre naturalmente alla raccolta dei testi teatrali vergati di proprio pugno, citiamo L’autografia d’un ritratto, il più particolare Un dio assente, trascrizione di un dialogo dall’alto profilo teorico avvenuto tra Bene e Umberto Artioli (docente di Storia del Teatro e dello Spettacolo all’Università di Padova, scomparso nel 2004), e il saggio Un manifesto di meno di Gilles Deleuze.

Se invece ci si vuole dedicare al lavoro svolto attorno l’amplificazione vocale, il playback, e il significante, opere come Hermitage, Nostra Signora dei Turchi, Don Giovanni, Salomè, Un Amleto di meno, Hommelette for Hamlet, Macbeth Horror Suite, Pinocchio e Otello ci mostrano ancora oggi Carmelo Bene come una figura in scena che ha piena coscienza delle teorie e tecniche attoriali-registiche otto-novecentesche, fino a superarle.

L’incredibile fucina beniana è una grandissima eredità che, a prescindere dalla personalità dell’artista, ancora oggi può regalare un’enorme quantità di stimoli per chi decida di entrarvi in contatto, e Cinema Errante, per celebrare i 10 anni dalla morte di Bene, dedicherà a cadenza mensile un articolo alle videoproduzioni sopracitate, opere nelle quali si vede chiaramente la padronanza anche nell’utilizzo del linguaggio video.

Scritto da Anna Silvestrini.

Fonte: La Repubblica

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