L’ultimo e quarto album della band britannica Kasabian irrompe, già graficamente, con una copertina che colpisce: quattro facce urlanti (quella dell’autore e chitarrista Pizzorno) su sfondo nero, forse  coperti da piume nere. Perché in effetti il titolo dell’album è Velociraptors e, a quanto sembra, tali creature della preistoria erano provviste di piume. L’urlo riprende quello che si può vedere nel video del loro singolo Switchblade Smiles, riff ledzeppeliano e tonalità bicolori.

E’ un album in effetti “piumato” di ricercatezze e influenze rispetto ai precedenti: come praticamente tutte le band rock-pop UK di questi tempi (come i Kaiser Chiefs), si attinge a piene mani da band storiche, e non, che hanno davvero definito un genere legato ad una provenienza geografica, un DOC o DOP insomma, come il formaggio Grana o l’olio extravergine d’oliva.

Anche i Kasabian, guidati dalla voce fortemente accentata di Leicester di Tom Meighan e dai testi dell’italo-inglese Sergio Pizzorno, prendono così sound e mood dai “nonni” come John Lennon  e i Led Zeppelin (specialmente La Fée Verte, Switchblade Smiles e Days are Forgotten) e i cugini come i Radiohead (in Acid Turkish Bath), mischiando sonorità orientaleggianti ed elettronica, ora dosata con più abilità. Senza poi contare ulteriori contaminazioni da colleghi, come i Last Shadow Puppets (il duo – band con Alex Turner, frontman degli Arctic Monkeys), specialmente nel brano di apertura, o la palese ispirazione da Clint Eastwood dei Gorillaz in Man of Simple Pleasures. La band di Leicester non dimentica però gli inni che l’hanno sempre caratterizzata, fino al recente Get loose Get Loose del brano Vlad The Impaler (2010): in Velociraptor ricreano la consueta miscela accattivante con inediti accenti asiatici, come anche in Re-wired mescolano un bel basso che ricorda quello di qualche lavoro dei Franz Ferdinand  ma più lento e coadiuvato da atmosfere elettroniche, mentre con pezzi più tranquilli (influenza di Damon Albarn, again) come Goodbye Kiss, si ‘smussano’ gli spigoli rockeggianti dell’album.

Nel complesso, Velociraptor rassicura i fan del gruppo senza discostarsi troppo dal sound consueto, pur arricchendosi di interessanti note di colore. Eccessivo identificarlo come un “classico” (come detto da certa stampa anglofona), ma possiamo essere sicuri del successo che alcuni pezzi potranno riscuotere in un ampio e vasto pubblico. Siamo comunque anni luce dal primo singolo di successo internazionale della band, LSF (2004), nel quale ricercatezze stilistiche ed elettroniche erano assenti nel modo più assoluto.

Scritto da Massimiliano Lollis.

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