Penso sia stata proprio una genialata mettere lo stereo sotto al letto.

Avrà più o meno dodici anni (lo stereo, non il letto), ricordo, me lo portò Santa Lucia, quindi fatevi un’idea di quanto sia vecchio. E’ di una marca che comincia con PANA e finisce con SONIC, ha due casse enormi, è completamente nero e consta di due oggi inutilissimi lettori di MC (o musicassette che dir si voglia), ancora più inutili dal momento che sono rotti.

Si, è un reperto dell’era premoderna, una specie di fossile del lettore CD, un reattore nucleare sepolto e spento, ma dovete sentire come pompa quando lo si rifornisce dei dischi giusti. Una profondità di suono, di bassi, un equalizzatore da paura che il suo nipotino nuovo nuovo giù in salotto se la sogna.

E’ stato un colpo di genio, dicevo, decidere di metterlo sotto al letto nell’ultimo restyling di camera mia. In effetti inizialmente era una cosa dovuta a motivi logistici, ovvero non ci stava da nessun’ altra parte; poi però ho dimostrato a me stesso come fare di necessità virtù. Metterlo sotto al letto, magari leggermente coperto dal lenzuolo verde scuro, questa è la chiave. In agguato, come un coccodrillo grosso e nero che non vede l’ora di esplodere con il disco giusto. Oggi per metterlo alla prova ho scelto due dischi, assolutamente eterogenei tra loro, presi quasi a caso dalla mia selezione di dischi in bilico sopra all’armadio (si in effetti, oltre allo stereo tendo ad avere un ordine un tantino originale in camera mia).

Mi sono trovato tra le mani Minstrel in the gallery (1975) dei Jethro Tull e la colonna sonora di Ocean’s Twelve (2004) di David Holmes.

Metto per primo quello dei Jethro. Un disco che secondo me vale la pena di avere solo per la copertina medievaleggiante da castello scozzese e per la prima traccia, che appunto dà il titolo all’album. Si inizia con voci sussurrate di Anderson e Palmer, i menestrelli in attesa di esibirsi di fronte al Re, poi è la volta della chitarra acustica e dolce e del tono a tratti sarcastico di Anderson, poi si esplode in un tripudio da banchetto reale con cinghiale, coppe di birra e idromele e ceppi che scoppiettano nei camini. Forse un album un po’ invernale. Basso da paura, riff di chitarra taglienti, ritmiche geometriche che fanno tremare il letto, appunto.

Poi decido di mettere l’altro disco, dalla copertina sgargiante bianca, rossa e nera. Il trionfo del basso e del funky da film di classe come Ocean’s 12 in realtà vuole essere. Il primo brano, Appuntamento di Ornella Vanoni, si apre con il classico grattare del vinile vecchio, per poi svilupparsi nelle famose note che hanno accompagnato chissà quanti appuntamenti falliti di chissà quanta gente tra gli anni ’70 e il 2011. Poi è tutto un rincorrersi di abiti firmati, drink costosi, casino a Las Vegas, inseguimenti e corse, (sempre incredibilmente cool, mi raccomando!), con uno sguardo alle atmosfere da Dolce Vita (Crepuscolo sul mare, Piero Umiliani) e parigine anni ’60-‘70. Un disco che, a parte i brani più riflessivi e di atmosfera, appunto, andrebbe benissimo per fare jogging.

Ma tornando al mio splendido coccodrillo nero con le casse, dicevo, è stata davvero una bella idea metterlo sotto al letto.

La cosa migliore è che quando ti siedi sul mio letto senti la musica ma non sai da dove viene, è quasi come trovarsi all’interno di un film. In genere siamo abituati a vedere da dove proviene la musica: dalla radio in cucina, dallo strumento di qualcuno, dall’ipod o da uno stereo nero come il mio prima di essere messo sotto al letto. Adesso ti guardi attorno e non vedi niente, ti viene anche il sospetto che quella musica la senta solo tu nella tua testa.

Dicevo, è stata davvero una bella idea.

Scritto da Massimiliano Lollis.

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