Dopo L’ultimo capodanno (Marco Risi, 1998) e Branchie (Francesco Ranieri Martinotti, 1999), dopo Io non ho paura (Gabriele Salvatores, 2003) e Come Dio comanda (Gabriele Salvatores, 2008), un altro libro di Niccolò Ammaniti si appresta ad essere trasposto sul grande schermo: Io e te, delicata storia di adolescenza ed amicizia tra un quattordicenne introverso e inadeguato e la sua sorellastra più grande, fragile e problematica, nell’alveo di una cantina che fa da rifugio contro l’invadenza e l’incomprensione del mondo.

La regia sarà di Bernardo Bertolucci, che ha dichiarato di stare valutando l’ipotesi del 3D per il suo film. La scelta potrebbe avere dei risvolti interessanti in direzione di un uso innovativo del 3D, che si stacchi dal connubio col blockbuster o col film d’azione e/o di fantascienza per esplorare potenzialità del mezzo che vadano oltre un uso prettamente spettacolare. Bertolucci sembra infatti interessato alle tre dimensioni soprattutto come sfruttamento della profondità spaziale e come incremento del lavoro sui corpi degli attori, riferendosi in particolare alla parte della storia ambientata nello scantinato: dunque uno “sfondamento della quarta parete” a partire da un luogo circoscritto e chiuso.

Già Fausto Brizzi aveva espresso l’intenzione di girare un film tridimensionale, Sex in 3D, sdoganando il 3D in territori atipici come la commedia (mentre si può tutto sommato immaginare il perché dell’impiego del 3D da parte di Dario Argento nell’horror) ; non è difficile pensare che Bertolucci si sforzerà di farne un uso meno innocuo di quello di Brizzi, che, stando al suo percorso registico, sembra più interessato al mero aspetto commerciale del mezzo.

La strada di un impiego del 3D come vera e propria modalità di racconto è ancora tutta da battere, ed è una strada non facile se si pensa agli alti costi legati a questa tecnologia e alla sua difficile riproposizione nel passaggio ai mercati secondari come l’Home Video. Scollegare il 3D dal film spettacolare può essere una strada vincente in tal senso: usciti dalla sala cinematografica e dalle sue possibilità tecnologiche, un buon film rimane un buon film anche in due dimensioni.

Qui un’intervista di qualche mese fa ad Ammaniti a proposito del libro.

Fonte: del Cinema

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Scritto da Chiara Checcaglini.