And Then There Were None, miniserie basata sull’intramontabile Dieci piccoli indiani di Agatha Christie, sceneggiata da Sarah Phelps e diretta da Craig Viveiros, è stata trasmessa in Gran Bretagna un po’ in sordina fra l’episodio natalizio conclusivo di Downton Abbey e la puntata speciale di Sherlock “L’Abominevole Sposa”. Chi stava metabolizzando il commiato dai Crawley farebbe però bene a recuperare questo gioiellino della serialità breve inglese, tre episodi in grado di offrire un adattamento contemporaneamente nuovo e fedele, che non delude né i fan del romanzo, né quelli delle produzioni BBC, e tenere incollato allo schermo anche chi conosce già la trama del giallo più venduto al mondo.

Come in molti altri romanzi della Christie, la scelta di una location circoscritta fa sì che il responsabile dei crimini si nasconda necessariamente fra i protagonisti; l’adattamento, realizzato in occasione del 125esimo anniversario della nascita dell’autrice, diverge dal libro soltanto per alcuni particolari che favoriscono il passaggio al medium televisivo. Non era dunque facile mantenere alta la suspense, ma la realizzazione impeccabile, l’ottima recitazione degli attori, le atmosfere inquietanti e la colonna sonora adeguata costringono anche lo spettatore più consapevole a chiedersi se davvero il mistero si risolverà come da copione.

Nell’agosto del 1939 sette persone vengono invitate dai coniugi Owen in una villa su Soldier Island, al largo della costa del Devon, assieme alla giovane Vera Claythorne, assunta come segretaria, e ai due domestici Thomas ed Ethel Rogers, anch’essi appena assoldati, nonché unici abitanti della villa, poiché gli Owen non sono ancora arrivati. Dieci personaggi, dunque, sui quali tuttavia incombe inesorabile un conto alla rovescia, come preannuncia il titolo originale. Durante la prima cena una voce proveniente da un grammofono accusa di omicidio ciascuno dei presenti, i quali verranno a loro volta eliminati a uno a uno con metodi ispirati alla filastrocca per bambini “Ten Little Soldiers” (originariamente “Ten Little Indians”, da cui il titolo italiano del romanzo), appesa in ognuna delle stanze.

L’escalation degli omicidi è sottolineata da un ritmo narrativo ben cadenzato, ma in costante accelerazione, da atmosfere sempre più cupe e da inquadrature via via più claustrofobiche che trasformano i preziosi, curatissimi interni in una prigione senza via di fuga: la cabin fever scatenata dal temporale si fa sempre più acuta man mano che gli ospiti rivelano i retroscena dei crimini di cui sono stati accusati e i sospetti vicendevoli trovano terreno sempre più fertile. Gli interpreti, fra cui spiccano la poliedrica Maeve Dermody, il carismatico Aidan Turner e un Charles Dance sempre meravigliosamente impenetrabile, costruiscono personaggi talmente convincenti da insinuare il germe del dubbio anche in chi conosce l’identità dell’assassino. Tempo di vestire i panni da detective, dunque: “it weren’t no bleedin’ accident. It’s murder.”

Alice C.Sara M.
98 1/2