Don Draper, uomo nuovo? forse sì, forse no, nel frattempo ritroviamo Don all’interno della SC&P, completamente abbandonata. Uno scenario “Ai confini della realtà” che trova nella fantascienza una possibile chiave di lettura: l’arrivo in ufficio del computer o, come suggerisce il titolo, di un monolite. Richiamo ad una fantascienza “alta” in cui The Monolith rappresenta un salto fulmineo dell’evoluzione umana, un’entità estranea che permette all’uomo di evolversi; una sorta di divinità vicina a DIO, portatrice di ragione e conoscenza. Inutile dire che il “nuovo” scaturisce una sensazione di panico in molti dipendenti della SC&P, alle prese con un elefante nella stanza che non può essere ignorato.

I copywriter sono costretti ad affrontare il timore della “sostituzione”, del resto il nuovo inquilino della “sala creativa” non è altri che il mastodontico IBM 360. Ed è così che assistiamo a diverse reazioni: c’è chi difende il divano, testimone di fruttuosi brainstorming; chi elabora metafore, “That computer is the Mona Lisa. People pay entry to the Louvre to walk by that thing“; e chi invece ricorda l’epic fail di una serie TV “compiuterizzata”. Ma il miglior confronto sul dibattito macchina/uomo arriva dalle interazioni fra Don e Loyd, l’incaricato al montaggio del computer, in un dibattito egualmente sostenibile in cui Loyd paragona la macchina a DIO e ne elogia le potenzialità, “The IBM 360 can count more stars in a day than we can in a lifetime“, mentre Don avvalora l’unicità dell’essere umano,”What man laid on his back counting stars and thought about a number?“, fino ad interrogarsi entrambi sul rapporto futuro/passato, “They all become obsolete eventually. The question is, how long does that take?“.

Domande che sembrano indirizzate direttamente all’uomo nuovo Don Draper, passato velocemente da unico direttore creativo a inserviente ricollocato nell’ufficio di un suicida. Di fatto il rendimento della SC&P non sembra aver accusato l’assenza di Don (comunque presente attraverso i reportage di Dawn e il freelance “sotto copertura” Freddy), come dimostrano le ragioni del suo rientro in azienda: dettate non da necessità e merito, ma da bieche questioni economiche, senza contare le numerose limitazioni imposte dal cda. Per Draper è infatti impossibile accettare nuovi clienti, ogni sua decisione dev’essere prima sottoscritta da tutti i soci. “So why am I even here?“, chiede Don, “Why are you here?“, rilancia Bertram. Situazione inedita e insostenibile anche per l’uomo nuovo, specialmente nel momento in cui il copywriter si ritrova alle dipendenze della sua ex protégé (inedito è anche il metodo di lavoro imposto da Lou, caratterizzato prima dagli slogan e successivamente dalla strategia).

All’immagine del vecchio Don Draper è vicina Peggy: brillante, ma sempre più chiusa ed ego-centrata. Suo è il pensiero che Don le sia stato affiancato per metterla in difficoltà, mentre Joan le suggerisce una realtà più familiare e disinteressata: “I don’t think they thought about it at all“. Nonostante l’indubbio e crescente talento di Peggy, infatti, la SC&D sembra non riconoscere alla donna il giusto merito, come suggeriscono la non troppo velata misoginia di Pete e l’aumento furbetto offertole da Lou.

Collaborazione al contrario, quella fra Don e Peggy, tesa ancora prima di cominciare: innanzitutto Don è convinto che il brainstorming avvenga nel suo ufficio e non in quello di Peggy, come in realtà accade; è inoltre l’unico a non stringere la mano della collega a fine riunione; e invece di scrivere gli slogan richiesti, si trastulla con le carte. Ma il Don passivo-aggressivo dura poco, ira e alcool sono dietro l’angolo. Insomma, il futuro arriva e il passato ritorna.

Il passato ritorna anche per Roger, coinvolto dall’ex moglie in un’operazione salva-figlia: Margaret ha infatti abbandonato la famiglia per unirsi ad una comune di hippie. Nota di colore datata 1969: LIFE Magazine pubblicò un articolo su una giovane comunità di hippie fuggiti dalla città per una nuova vita senza convenzioni, come documenta gothamist. Il reportage fotografico presenta una forte somiglianza con i set e i costumi utilizzati per l’episodio, ennesima prova dell’attenta ricerca di Matthew Weiner, probabilmente ispirato dall’articolo. Testo di riferimento anche per Mona, la quale dichiara di aver letto un pezzo sulla tossicodipendenza apparso su Life Magazine.

Il botta e risposta fra padre e figlia avvenuto in Time Zones, confronto di per sé salutare, ma allo stesso tempo poco chiaro, porta quindi allo scenario hippie. E la nuova incarnazione di Margaret, ribattezzata Marigold (definita dal padre “serena e crudele”), spinge Sterling ad ascoltare le ragioni della figlia: un cambiamento lodevole per Roger, personaggio simbolo di quell’incomunicabilità, alimentata da espedienti escapisti, propria dei protagonisti di Mad Men. Suona infatti ironico che sia proprio Roger a lodare la comunicazione interpersonale tra colleghi, “Like I’ve always said, this business is about relationships“, specialmente dopo una riunione “random” come quella d’inizio episodio; lo stesso Roger che successivamente nega l’efficacia del dialogo “That’s always a mistake“. Ma torniamo alla rinascita di Margaret: metamorfosi dettata apparentemente da una scelta personale, guidata dalla volontà di non rivestire il ruolo prestabilito di moglie e madre, in realtà meccanismo di difesa per l’abbandono del padre. A pensarci bene, infatti, Marigold ha abbracciato il medesimo stile di vita di Roger e, come il genitore, lei stessa ha abbandonato il proprio figlio: “It’s not that hard, Daddy. He’ll be fine“, conclude la ragazza. Uno sfogo sincero che lascia Roger nel fango, ammutolito.

Nel fango c’è anche Don Draper, in preda a un delirio alcolico in cui Loyd è il “nemico” dai mille volti. Tutto sembra proseguire verso un finale già noto, se non fosse per quello stendardo dei Mets trovato nell’ufficio di Pryce. Gli stessi Mets che proprio nel 1969 vinsero i World Series, tanto da essere ribattezzati “Miracle Mets“. Metafora dell’uomo nuovo Don Draper? Ancora non è dato sapere, in ogni caso è piacevole assistere alla scelta del protagonista di non soccombere. Il giorno dopo ritroviamo Draper in ufficio, pronto a elaborare gli slogan richiesti da Peggy, nuovamente in giacca e cravatta come a inizio episodio, probabile riferimento filosofico e fantascientifico alla circolarità della vita umana. Miracle Don.

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