«Hey Joe», canta Charlotte Gainsbourg sui titoli di coda di Nymphomaniac – Vol. 2 di Lars Von Trier. Con queste note si chiude in bellezza l’epopea dell’eroina Joe, ninfomane e fiera di esserlo, figura antieroica degna di Jimi Hendrix. Il secondo capitolo ce la presenta al raggiungimento della maturità: Stacey Martin (che interpreta Joe da giovane) abbandona presto la scena per lasciare il posto a una straordinaria Charlotte Gainsbourg, finora apparsa nelle vesti della narratrice dal volto pesto che giace nel misero appartamento di Seligman (Stellan Skarsgård) raccontandogli la storia della propria vita.

Atto secondo di un film che esce in sala diviso in due parti, Nymphomaniac – Vol. 2 è un secondo tempo che conferma la validità del primo. L’interpretazione di Charlotte Gainsbourg cambia l’intonazione di Joe, trasformandola da algida ninfa in personaggio complesso e disperato, del quale si afferma la profonda dignità umana. Il volume 2 la vede alle prese con le terribili prove della maturità, in primis la costituzione di una famiglia con il compagno Jerôme (Shia LaBeuf). Il percorso di affermazione della propria identità porta Joe a prendere decisioni difficili e scomode, facendole scrutare il fondale di un abisso che non riesce però a distruggerla.

ll film riduce gli incisi più prettamente comici di cui era invece costellata la prima parte (in questo caso i cucchiai e l’anatra silenziosa), puntualizzandone le intenzioni “oscene” in una chiave carnevalesca che ribadisce il pensiero di Joe, nemica giurata della società borghese e delle sue ipocrisie. La psicologia è il primo bersaglio delle battute di Joe, che compie la sua rivoluzione privata puntualizzando il proprio rifiuto per il concetto di recupero e di patologia, seppur continuando a riferirsi alle proprie necessità come a una “dipendenza”. Come visto in Nymphomaniac – Vol. 1, l’atea Joe si definisce una peccatrice e si confronta di continuo con simbologie cristiane; in questa seconda parte ha modo di misurarsi con il dolore e l’espiazione attraverso la sottomissione a un oscuro master sadomaso (Jamie Bell). La forza trasgressiva di Joe sta nel riuscire a trasformare anche questa esperienza in atto di rottura dalle imposizioni sociali, facendone il punto di partenza del recupero della propria identità. Il suo raggiungimento si manifesta con una sterzata noir del film, dove Joe può finalmente godere alla luce del sole dei propri blasfemi talenti.

La furbizia di Nymphomaniac è duplice: da un lato si ha l’operazione di marketing che sta alla base dell’opera in sé – riassumibile nell’espressione “il film porno di Lars Von Trier” – e le sue provocazioni calcolate; ma dall’altro troviamo una scrittura intelligente che si appropria di pochi concetti fondamentali, tra i quali spicca per l’appunto la ribellione dell’eroina verso i limiti della cultura occidentale, riuscendo nella delicata impresa di non banalizzarne la traduzione drammatica.

Lars Von Trier si concede alcune facezie narcisistiche, spargendo autocitazioni come easter eggs più o meno nascoste (eclatante la scena del bambino sul terrazzo, ispirata alla sequenza iniziale di Antichrist). Più curioso invece è l’apparato didascalico della pellicola: il regista ama infarcire i suoi film di simbologie criptate, facendo impazzire i fan nel tentativo di interpretarle, ma qui sembra invece allegare il libretto di istruzioni al testo filmico. Sono infatti le voci – vagamente meta – di Seligman e Joe a spiegare con pedanteria quello che lo spettatore vede sullo schermo; e sorge il dubbio che Von Trier lo abbia fatto a bella posta, con uno sberleffo metacinematografico al suo pubblico, che in questo caso si trova il lavoro di analisi già mezzo svolto.

Ma al netto di tutte le sue eccentricità, Nymphomaniac è un bel film, anzi, addirittura uno dei migliori di Lars Von Trier. Nonostante il sensazionalismo programmatico del tema, la pellicola riesce a essere davvero provocatoria e a evitare la trappola della misoginia, restituendo il ritratto di uno dei personaggi femminili tutto sommato più simpatici degli ultimi anni. Charlotte Gainsbourg è un’eroina ruvida e grunge, il cui maledettismo seducente induce solidarietà istintiva. Giunti fin qui, aspetteremo l’edizione integrale per scoprire qualcosa in più su Joe, ma anche su Von Trier e sulla sua ultima, affascinante creatura.

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Alice C.Thomas M.
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