Con una prima stagione online nel novembre 2016 e vincitrice di numerosi premi (fra cui il Golden Globe nel 2017 come miglior serie drammatica), la serie Netflix The Crown si pone nel nutrito gruppo di film e racconti seriali incentrati sulla storia nazionale del Regno Unito, tenendo insieme gli aspetti privati ma anche il discorso pubblico sviluppati attorno alla corona britannica dalla fine della seconda guerra mondiale. Il dispendioso progetto prevede che si arrivi ai giorni nostri, con 6 stagioni di 10 episodi ciascuna a coprire i 65 anni di regno di Elisabetta II, ma anche alcuni aspetti del regno di Giorgio VI, seguito all’abdicazione del fratello Edoardo VIII.

The Crown

La fascinazione e la conoscenza della famiglia reale aumenta esponenzialmente il piacere degli spettatori, irretiti da personaggi costruiti con grande sapienza a partire dalle facciate istituzionali e da alcuni degli elementi del loro carattere pubblico. The Crown prende le mosse dal matrimonio fra la futura Elisabetta II (Claire Foy) con Filippo (Matt Smith), e il rapporto fra i due coniugi è il perno attorno a cui ruota questa prima stagione. Rapporto che non coinvolge semplicemente due persone, per quanto appartenenti all’aristocrazia europea ricca e cosmopolita, ma soprattutto due figure istituzionali, una regina e un principe consorte, che devono imparare a tenere in equilibrio molti più legami di potere di quelli implicati in un matrimonio convenzionale.

Ed è proprio la scommessa di integrare l’istituzione con la persona, la struttura del potere con la carne viva che la abita, quella che la serie Netflix vince. The Crown, creata dall’ottimo sceneggiatore Peter Morgan che già aveva collaborato con Stephen Frears per il film The Queen, riesce pienamente a raccontare gli aspetti più nascosti di soggettività calcificate da anni in una serie di tratti pubblici. In questo senso, il ritratto di Elisabetta guadagna complessità grazie all’articolazione del suo rapporto con altre due figure maschili: il padre re Giorgio VI (Jared Harris), e il suo primo Primo Ministro, l’ingombrante Winston Churchill (John Lithgow). Sono loro a farle da guida nell’articolazione del rapporto fra la donna ed “Elizabeth Regina”, ed è il confronto con queste due personalità autorevoli a fare da struttura per il contenimento del melodramma e la trasformazione del racconto in epica nazionale. Le interpretazioni di tutti gli attori creano dei personaggi freddi e intensi, istituzionali e passionali al tempo stesso, che dunque interagiscono in modo efficace con alcuni momenti storici che costituiscono dei punti di riferimento per il racconto nazionale britannico, e che fanno parte di un’epica collettiva di grande forza.

La fascinazione estrema per l’epica nazionale e la retorica conservatrice impedisce a The Crown di affrontare alcuni degli aspetti più problematici del rapporto con la storia globale, accennando soltanto ad esempio allo sguardo profondamente colonialista ed eurocentrico incarnato dai reali (e in questo senso si può leggere la glamourizzazione del safari in Kenya del secondo episodio). Ma questo non riesce a diminuire la bellezza di una operazione narrativa e visuale di grande raffinatezza, che vuole abbracciare tutto il Novecento attraverso lo sguardo privilegiato di una donna comunque eccezionale.

Ilaria D.
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