Al suo secondo lungometraggio dopo il sorprendente Lo chiamavano Jeeg Robot, Gabriele Mainetti alza l’asticella delle proprie ambizioni e, affidandosi nuovamente alla sceneggiatura di Nicola Guaglianone, si getta in una produzione di ampio respiro decisamente inusuale per il nostro Paese. Nella Roma del 1943, quattro amici circensi dotati di poteri speciali si ritrovano sbandati dopo la sparizione del loro capo e cercano una via di fuga dalla città invasa dai nazisti.

Freaks Out

Non chiamatelo cinecomic hollywoodiano
Recensione Freaks Out: spettacolo di rara meraviglia

Liquidato con una certa superficialità da una parte della critica come una semplice versione nostrana dei cinecomic hollywoodiani, Freaks Out è un’opera che attinge a piene mani dalla storia del cinema, italiano e straniero, da Browning a von Sternberg, da Fellini a Ferreri, dalla commedia all’italiana al western, dal folclore romanesco fino ai paragoni più ovvii, ovvero la saga degli X-Men e Tarantino. Con la prima ha in comune l’idea di base delle persone speciali dotate di poteri soprannaturali e discriminate per la loro diversità, guidate da un saggio mentore ma minacciate da un loro simile malvagio; con il secondo, l’ambientazione durante la Seconda Guerra Mondiale e la presenza dei nazisti come terrificante nemico universale contro il quale scatenarsi in catartici massacri al limite dello splatter, come in Bastardi senza gloria.

Freaks Out

Uno spettacolo appassionato e di cuore
Recensione Freaks Out: spettacolo di rara meraviglia

C’è un po’ di tutto questo in Freaks Out, ma ci sono anche un senso dello spettacolo e della meraviglia raro nel cinema contemporaneo – ben assecondato da un utilizzo non eccessivo degli effetti digitali (mostrati al Future Film Festival) – e, soprattutto, un’autenticità di sguardo e un’empatia davvero encomiabile per i personaggi, tutti dotati di un’umanità profonda che basta poco per esprimere – vedi il mentore Israel, magnificamente reso nel suo limitato minutaggio da un eccellente Giorgio Tirabassi – e di sfumature che li rendono lontani dallo stereotipo del buono innocente (azzeccate le caratterizzazioni del cinico e ferino Claudio Santamaria e del viscido e cialtronesco Pietro Castellitto). La vera protagonista (la giovanissima Aurora Giovinazzo) è una ragazzina dal cuore puro ma incapace di controllare i suoi tremendi poteri, condizione che stride con la sua indole pacifica e altruista, mentre lo stesso villain (un istrionico Franz Rogowski che ricorda in parte, nella fisicità e nelle movenze, il Joker di Phoenix) è molto sfaccettato e, pur raggiungendo picchi di inaudita ferocia, dimostra a tratti una tragica moralità. Unico personaggio poco sfruttato è quello impersonato da Giancarlo Martini, attore affetto da nanismo, un po’ troppo relegato a stralunata macchietta grottesca.

Poco importa se il ritratto dei partigiani (guidati dallo spassoso gobbo di Max Mazzotta che richiama Tomas Milian) è quello di una specie di armata Brancaleone sgangherata, sanguinaria e non sempre efficace, e se il tema della persecuzione degli Ebrei resta sullo sfondo, e pazienza se le sequenze d’azione, a tratti, sono un po’ confuse: Freaks Out non è un film storico, non è un blockbuster, è un’opera appassionante e con molto più cuore di quello che sembra, tale di far scattare la sospensione dell’incredulità anche nello spettatore più prevenuto.

Davide V.