Harold Ramis è morto. E ora, chi chiameremo? L’attore e regista americano, conosciuto soprattutto per il ruolo del dottor Egon Spengler in Ghostbusters, è stato molto di più di una maschera comica. È stato una delle menti più geniali della comicità degli ultimi quarant’anni, una delle eminenze grigie a cui si deve lo sdoganamento del genere demenziale al di fuori della nicchia degli appassionati, capace di creare storie e personaggi entrati nel mito e ancor oggi considerati modelli di riferimento insuperabili per qualsiasi artista del suo campo.

Nato a Chicago il 21 novembre 1944, Ramis entrò in contatto con il mondo della comicità in ambito universitario, scrivendo testi parodistici che prendevano in giro l’establishment di allora, quello stesso che sancì la sciagurata avventura americana in Vietnam. Evitata per un soffio la guerra assumendo droghe alla visita di leva, si laureò nel 1966 e trovò subito lavoro come insegnante. Ma una mente così vulcanica non poteva di sicuro rinunciare alla propria vocazione, così, nel 1968, in pieno fermento nato dalla contestazione giovanile, iniziò a studiare alla compagnia di teatro comico della sua città, la Second City Improvisational Comedy. Fu in quest’ambito che incontrò altri futuri talenti del settore, fra i quali John Belushi e Bill Murray. A partire dal 1974, Ramis e i suoi nuovi compagni si trasferirono a New York per lavorare in The National Lampoon’s Radio Hour e per la rivista teatrale The National Lampoon Show, e due anni dopo il solo Ramis esordì in televisione in qualità di interprete e scrittore principale di numerosi sketch nelle prime tre stagioni dello show SCTV (1976-79).

Dal piccolo al grande schermo il passo fu molto breve; non a caso, nel 1978, Ramis fece la conoscenza del cineasta canadese Ivan Reitman, e fu subito intesa: i due furono ingaggiati come sceneggiatori del film Animal House, con protagonista Belushi e regia di John Landis. Il film, ambientato nel mondo delle confraternite universitarie che lo scrittore conosceva bene, fu un trionfo al botteghino, e rimane tutt’oggi un cult con la sua comicità goliardica e la morale allegramente anarchica. Risale a un anno dopo la prima collaborazione cinematografica con Murray, la divertente sceneggiatura di Polpette, film diretto da Reitman, mentre fu nel 1980 che Ramis stesso debuttò come regista, sempre con Bill Murray fra gli interpreti, con l’esilarante Palla da golf, altro grande successo. L’anno dopo, ancora con Reitman alla regia, Ramis esordì come attore cinematografico, interpretando in coppia con Murray la satira di ambiente militare, da lui scritta, Stripes – Un plotone di svitati, per poi dirigere il suo secondo film, National Lampoon’s Vacation (1983), con protagonista un Chevy Chase in gran forma.

Il capolavoro del gruppo è datato 1984, e fonde magistralmente comicità e fantastico, gag demenziali ed effetti speciali per il suo tempo straordinari: Ghostbusters – Acchiappafantasmi, diretto da Reitman, sceneggiato da Ramis e interpretato da lui con Bill Murray e Dan Aykroyd, sulle note del trascinante tema musicale funky di Ray Parker jr., è una delle pietre miliari del cinema degli anni Ottanta. Diede vita a un sequel – divertente, ma non all’altezza – e a una serie animata televisiva; anche se, in pochi lo ricordano ancora, l’idea dei cacciatori di fantasmi era già stata concepita da Lou Scheimer nove anni prima (con la quasi omonima serie The Ghost Busters), in mano a Ramis e compagni fu sviluppata in maniera ben più memorabile.

Ramis completò il decennio con un altro film da regista, il vacanziero Club Paradise (1986), con Robin Williams e le musiche reggae di Jimmy Cliff, e due ruoli da attore, la commedia Baby Boom (1987) e il drammatico Il sentiero dei ricordi (1988), prima di essere un’altra volta Egon in Ghostbusters II (1989), sempre di Reitman. Negli anni Novanta, Ramis diradò le sue apparizioni come attore, limitandosi a ruoli secondari, per dedicarsi quasi completamente alla regia: risalgono a questo periodo il geniale Ricomincio da capo (1993) – da molti considerato il suo miglior risultato dietro la macchina da presa, in cui immagina il protagonista (uno straordinario Bill Murray) intrappolato in un loop temporale – ma anche il modesto Stuart salva la famiglia (1995), l’altra commedia fantastica con effetti speciali spettacolari Mi sdoppio in 4 (1996), con Michael Keaton, e l’ottimo Terapia e pallottole (1998), con la coppia Robert De Niro – Billy Crystal nei ruoli di un boss mafioso e del suo psichiatra.

Forse non sarebbe neanche il caso di citare i poco memorabili film che Harold Ramis diresse negli anni successivi – destreggiandosi fra remake (Indiavolato, 2000), sequel (Un boss sotto stress, 2002), tentativi di dark comedy (The Ice Harvest, 2005) e di parodie bibliche alla Mel Brooks (Anno Uno, 2009) – né le piccole parti a cui si è prestato in opere di colleghi più giovani – fra le quali Molto incinta (2007) di Judd Apatow – dato che non renderebbero giustizia al gigante che è stato e alla sua enorme importanza nella storia della comicità. “Si è guadagnato il suo posto sul pianeta. Dio lo benedica”. ha detto commosso l’amico di sempre Bill Murray. E ora che una rara malattia, la vasculite, se l’è portato via all’età di 69 anni, lo scorso 24 febbraio, noi tutti preferiamo ricordarlo con la sua iconica tuta da acchiappafantasmi, con la segreta speranza che possa ogni tanto farci visita, magari accompagnato dal verdognolo Slimer, per rallegrare le nostre serate, come ha sempre fatto per tutta una vita. See You on the other side, Egon.

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