Il 2015 ha incontrato il gusto di pubblico e addetti ai lavori. Dal più grande successo economico di sempre – Star Wars VII – è nato un passionale discorso critico; i festival hanno presentato titoli solidissimi, come Song of the Sea e The Assassin, e la Pixar ha sfornato nuovamente qualcosa di enorme con Inside Out; per non parlare dello spettacolo-cinema Mad Max – Fury Road, del quale è difficile non riconoscerne la grandezza. Arrivederci 2015, è stato bello conoscerti.

Alice Casarini: Song of the Sea. Una corrispondenza perfetta tra la magia visiva e sonora di Tomm Moore & Company e quella ancestrale e fondante della mitologia irlandese.

Antonio Maiorino: Birdman. A distanza di un anno, troviamo Alejandro Iñárritu dove l’avevamo lasciato: sotto i riflettori degli Academy Awards, questa volta con The Revenant. Sarà, forse, perché il suo è un cinema d’intrattenimento intelligente sublimato da grandi interpreti e denso di significato: mette tutti d’accordo.

Chiara Checcaglini: Mad Max – Fury Road. Uno di quei film che danno nuovo senso all’espressione “il cinema non sarà più lo stesso”. Totalizzante, con il valore aggiunto della protagonista (e il finto-protagonista) dell’anno.

Davide Vivaldi: Vizio di forma. Un noir psichedelico dai tempi dilatati come la pupilla del protagonista, detective capellone nella California del 1970, con il quale Paul Thomas Anderson omaggia stile e tematiche della New Hollywood, confermandosi narratore sarcastico della Storia americana nei suoi cambiamenti epocali.

Eleonora Benecchi: Quando c’era Marnie. È lo Studio Ghibli (pronuncia Gibli, mi raccomando…) al meglio. Una storia tutta al femminile, ma con una tale varietà di ritratti di donne che la sorpresa è continua. Una sorpresa che sa di scoperta ma anche di riconoscimento. Fatevi conquistare anche voi, se non lo avete ancora fatto…

Eugenio De Angelis: Inside Out. La Pixar torna ai fasti dei classici con una storia originalissima, capace di raccontare la complessità della psiche umana materializzandola in maniera semplice e colorata, senza dimenticare di intrattenere. Nel lanciare il suo messaggio non banale, coglie alcuni geniali momenti di struggente malinconia.

Giacomo Brotto: BoxTrolls. All’appello abbiamo un teaser trailer con due mamme e due papà, una dichiarazione d’intenti forte e chiara (“Le famiglie sono di ogni forma e dimensione”) e personaggi animati tutt’altro che cisgender. Non è il miglior film dell’anno, ma il film di cui abbiamo bisogno adesso. #Svegliatitalia.

Giampiero Raganelli: The Assassin. Hou Hsiao-hsien con The Assassin compie un’incursione nel cinema degli spadaccini volanti, dei cavalieri erranti. Con un monumento alla musa Shu Qi, un wuxia esistenzialista, ancora una visione cinematografica al femminile del mondo. Un’opera al tempo stesso naturalistica e di mesmerica bellezza.

Giusy Palumbo: Pelo Malo. Arriva da Caracas, da lontano, ha i capelli ricci e le gambe nervose. Junior è l’anima di questo film bellissimo, tra tenere levità, cronache di ordinario machismo e veri e propri strazi del cuore. Il 2015 è l’anno del Venezuela. Viva!

Gualtiero Bertoldi: Inside Out. Ci sono: gli homunculi carini pucciosi; una completa teoria della mente; il metacinema triplo carpiato; la tripledent gum. E manca qualsiasi riferimento a qualsivoglia tipo di sacro e/o trascendente. ALLELUJA.

Lucia Tralli: Star Wars – Il risveglio della Forza. Il sequel migliore che potevamo aspettarci. Tre nuovi protagonisti – e un cattivo – perfetti. E non ci sono (solo) maschi bianchi protagonisti, finalmente.

Michele Boselli: Non essere cattivo. Originale per sceneggiatura e dialoghi, molto curato esteticamente e recitato benissimo. Eppure mai gratuito ma necessario, emozionante, appassionato.

Sara Mazzoni: Mad Max – Fury Road. I monologhi della vagina e l’apocalisse del petrolio si sono incontrati nel deserto della Namibia. Hanno generato una coreografia micidiale e il film più spettacolare del secolo.

Stefania Malagutti: La isla mínima. Nelle paludi profonde e desolate del Guadalquivir, nasce un thriller elegantemente girato che trova in un linguaggio classico l’autenticità di uno stile capace di coniugare le atmosfere più realistiche e crepuscolari della Spagna dei primi anni 80 con una trama poliziesca oscura e affascinante.