Michael Clarke Duncan, il gigante buono del cinema hollywoodiano, è morto lo scorso 3 settembre a Los Angeles, per le conseguenze dell’infarto che lo aveva colpito lo scorso luglio. Il suo grande cuore non ha retto, così se ne è andato, a soli 54 anni, uno dei più famosi e bravi caratteristi americani.

Nato a Chicago il 10 dicembre 1957, dotato di una stazza fisica impressionante (quasi 2 metri di altezza per circa 150 kg di peso), Duncan si era avvicinato al mondo del cinema relativamente tardi, nei primi anni Novanta, come guardia del corpo di Will Smith, che lo fece esordire da attore con una particina in Willy, il principe di Bel Air. Il suo debutto cinematografico avvenne nel 1995, con un altro piccolo ruolo, nella commedia diretta da F. Gary Gray Ci vediamo venerdì, a fianco di Chris Tucker e Tiny Lister jr: proprio da quest’ultimo, a lui fisicamente molto simile, Duncan sembrò ereditare il titolo di attore afroamericano più grosso e minaccioso dello schermo.

Fu in virtù della sua imponenza, infatti, che venne utilizzato in ruoli secondari, spesso richiedenti l’uso della forza, in numerosi film successivi, fra i quali Armageddon – Giudizio finale (1998) di Michael Bay, nella parte di uno degli eroici astronauti. Grazie a questa esperienza, Bruce Willis, che aveva recitato al suo fianco, suggerì il nome di Duncan per interpretare il condannato a morte John Coffey, dotato di poteri paranormali, nella trasposizione cinematografica, diretta da Frank Darabont, de Il miglio verde (1999) di Stephen King: il risultato fu una prova memorabile, con la quale il gigante dimostrò di possedere un fine talento recitativo, meritando la candidatura all’Oscar come miglior attore non protagonista.

Da quel momento, iniziò per Duncan una florida carriera, che lo vide molto impegnato in parti da caratterista in opere di vario genere: a suo agio come comico in F.B.I.: Protezione testimoni (2000) di Jonathan Lynn, a fianco dell’amico Bruce Willis, e in Talladega Nights (2006) di Adam McKay, dove divideva la scena con mattatori del calibro di Will Ferrell e John C. Reilly, dimostrò comunque una predilezione per i ruoli d’azione, impersonando, fra gli altri, un capo tribù africano ne Il Re Scorpione (2001) di Chuck Russell, e un fiero gorilla antropomorfo nella versione diretta da Tim Burton de Il pianeta delle scimmie (2001).

Con un’azzardata scelta di casting, Duncan fu poi selezionato dal regista Mark Steven Johnson per interpretare il corpulento boss Wilson Fisk/Kingpin nella trasposizione cinematografica di Daredevil (2003): nonostante il suo indiscutibile impegno recitativo, che lo portò ad acquisire ulteriore massa per somigliare di più al personaggio originale, sopperendo a una fondamentale quanto irrisolvibile distanza da esso (nel fumetto Kingpin è bianco), Duncan non riuscì a salvare il film da una sostanziale mediocrità. La sua interpretazione, però, risultò convincente, tanto che l’attore fu impiegato in altri cinecomic per impersonare ruoli analoghi, come quello del sadico gangster Manute in Sin City (2005) di Robert Rodriguez, e quello del violento pugile Balrog nel fallimentare Street Fighter – La leggenda (2009) di Andrzej Bartkowiak.

Contemporaneamente alla sua carriera di attore cinematografico, Duncan si mise in risalto come valente doppiatore di cartoni animati e videogiochi: la sua voce profonda e baritonale è quella con cui parlano, fra i tanti, il rinoceronte Vachir in Kung Fu Panda (2008) e il titano Atlas nel secondo capitolo di God of War (2007). In Italia, la sua straordinaria inflessione è stata resa alla perfezione dal bravo Alessandro Rossi.

Nel 2012, Duncan è stato scelto per il ruolo principale, quello di un avvocato-detective dai metodi poco ortodossi, nella serie televisiva poliziesca The Finder, spin-off di Bones: il telefilm è stato interrotto alla prima stagione, a causa dei modesti ascolti, tuttavia non era l’unico progetto in cantiere per il gigantesco attore, molto impegnato, negli ultimi anni, nel cinema indipendente, in opere per la maggioranza inedite in Italia, e quasi sempre in veste di protagonista.

Purtroppo, però, le storie reali non hanno sempre un lieto fine come a Hollywood, e il gigante dall’animo gentile e dal talento sopraffino è stato strappato alla vita in piena attività, proprio nel momento in cui aveva raggiunto la felicità anche personale, con l’opinionista televisiva Omarosa Manigault. Come il suo personaggio più famoso, il condannato a morte con poteri taumaturgici de Il miglio verde, Big Mike ha lasciato dietro di sé una scia di grande commozione, per averci regalato tante emozioni e felicità.

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