Sono solo tre le protagoniste del claustrofobico film di fantascienza I Am Mother, prodotto da Netflix e diretto dall’australiano Grant Sputore. Mother, un’intelligenza artificiale nel corpo di un droide che nella versione originale ha la voce morbida e inquietante di Rose Byrne; Daughter, una ragazza umana cresciuta da Mother fin da quando era un embrione, interpretata con intensa emotivita’ dalla ventunenne Clara Rugaard; e infine Woman, che ha il corpo nervoso e il volto scavato della bravissima Hillary Swank.

Mother, Daughter e Woman si cercano, si combattono e si relazionano in uno scenario post-apocalittico alla Mad Max, dove un evento che verra’ svelato solo alla fine ha provocato un disastro climatico che ha ucciso l’intero genere umano e ha reso inospitale la Terra.

I Am Mother

Intelligenza artificiale e dilemmi etici – I Am Mother: recensione

All’interno di un avveneristico laboratorio-bunker, Mother custodisce 63, 000 embrioni di esseri umani, essendo stata programmata per ripopolare la Terra in caso di disastro. Daughter e’ il primo embrione che Mother ha sviluppato e fatto nascere. Il rapporto tra la madre droide e la bambina umana e’ raccontato attraverso sequenze per la maggior parte mute, in cui la droide prepara i pasti, protegge e regala pigiami a Daughter, che in cambio cerca coccole e vicinanza e non sembra essere disturbata dal freddo metallo di cui e’ composto il corpo della madre.

Daughter cresce giocando tra i lunghi corridori del freddo laboratorio, istruita da Mother in una sorta di specifico home-schooling che propone a Daughter vari test di etica e morale, che hanno tutti come fine quello di decidere la scelta migliore per il bene superiore. Senza svelare troppo del finale, queste sequenze, seppure brevi, costituiscono la chiave di lettura del film: I Am Mother trova infatti il suo punto di forza proprio nella complessa relazione tra Mother e Daughter, tra l’onnipotenza di una intelligenza artificiale incaricata di capire cosa e’ meglio per l’umanita’ e i dubbi e desideri di una giovane donna che deve capire cosa la rende umana.

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Il rapporto tra robot e umani – I Am Mother: recensione

L’idillio si incrina, come in tutti i rapporti genitori-figli, quando Daughter diventa adolescente ed e’ sempre piu’ restia a seguire i sensati ordini di Mother, che le impedisce di uscire dal bunker a causa dei fumi tossici in superficie. Disubbidendo a Mother, Daughter apre il laboratorio a Woman, una donna ferita che dice di vivere all’esterno del bunker e che mette in discussione tutto cio’ che Mother ha racontato a Daughter. Queste tre figure femminili al centro del film compongono un triangolo sentimentale in cui lo spettatore, come Daughter, deve scegliere di chi fidarsi basandosi sugli indizi che ha.

Sono molti i riferimenti e le citazioni che I Am Mother dedica a pietre miliari del genere fantascientifico. Gli spunti filosofici su coscienza e intelligenza artificiale rimandano a Matrix e Ex Machina, mentre la relazione tra la droide e l’umana ricorda quella tra Terminator e John in Terminator II, cosi’ come la Woman di Hillary Swank richiama anche figurativamente la combattente Sarah Connor.

L’originalita’ di I Am Mother consiste nello sviluppare il tema del complicato rapporto umani-robot in chiave femminista e materna: Mother e’ una complessa figura, le movenze meccaniche e l’occhio rosso costantemente acceso trasmettono un’inquietudine minacciosa (alla Al di 2001: Odissea nello Spazio), ma i suoi gesti nei confronti di Daughter la rendono una madre amorevole e goffa, che afferma “raising a child is no small task”, crescere figli e’ un compito difficile. Il tema della madre matrigna, che dona la vita ma che puo’ anche toglierla, ha radici nella mitologia (pensiamo a Medea) e nella psicoanalisi (per Freud e’ sempre colpa della madre) e qui trova uno sviluppo fantascientifico nella figura di una intelligenza artificiale investita del compito di fare da madre all’umanita’.

I Am Mother

Domande senza risposta – I Am Mother: recensione

Il film avrebbe potuto osare di piu’, sviluppare la tensione tra Mother e Daughter e tra droide e umana per evolvere in una meditazione sull’intelligenza artificiale e sulla legittimità dei sentimenti simulati o prodotti, domande che la fantascienza pone da generazioni. Invece la seconda parte preferisce percorrere i binari del plot twist, privilegiando l’azione e i colpi di scena a scapito dello sviluppo della trama, che nel finale mostra la sua debolezza, con buchi narrativi e alcune spiegazioni insufficienti.

Nel complesso è un film di fantascienza intelligente e ambizioso, con una regia pulita, una colonna sonora adatta e non invadente e soprattutto la storia di formazione protagonista di una giovane donna lontana dagli stereotipi. Daughter percorre la strada aperta dalle eroine Ellen Ripley e Sarah Connor, ma fa progredire il cammino attraverso la costruzione di una figura femminile che e’ insieme fragile e risoluta, intelligente e guerriera, adolescente e materna, umana e forse, post-umana.

Elena D.
8