ARQ

Per il suo primo lungometraggio, lo sceneggiatore di serie tv Tony Elliott mescola quello che potremmo chiamare il paradigma del “giorno della marmotta” con la fantascienza. Il risultato è ARQ, una produzione Netflix deludente.

Tutta l’azione si svolge all’interno della casa del protagonista Renton (un Robbie Amell sul quale sarebbe ingeneroso infierire) che si ritrova a vivere sempre la stessa giornata: si sveglia accanto alla sua ex poco prima dell’irruzione di tre uomini che ammanettano i due per derubarli. A ogni morte corrisponde un risveglio, attraverso il quale Renton cerca di capire come poter uscire vivo da questa situazione. Il loop è creato dal malfunzionamento di un macchinario da lui stesso inventato, ambito sia dalla mega-corporation che governa il mondo, sia dalla resistenza che la contrasta.

La fantascienza negli ultimi anni ha dimostrato una particolare fascinazione per i loop temporali, a partire da Timecrimes di Vigalondo, fino ad arrivare a blockbuster come Source Code e Edge of Tomorrow. Come se non bastasse, per la prossima stagione televisiva americana, sono previste ben tre serie incentrate sui viaggi nel tempo. In questa tendenza si può leggere un sempre maggiore sincretismo tra il medium videoludico e l’industria cinematografica. La fantascienza poi si presta bene alla concezione di scenari incentrati sul meccanismo della ripetizione (gioca, muori, ripeti). In un momento storico nel quale i videogiochi sembrano avvicinare il Sacro Graal del “realismo cinematografico”, questa occorrenza dovrebbe portare a riflettere sulle trappole insite nel non essere in grado di riconoscere le specificità dei diversi media. Solo in questo modo infatti si possono sfruttare quelle connessioni che aumentano il potere espressivo del cinema, medium intermediale per eccellenza.

La scelta operata da ARQ è, però, anche un espediente per mascherare le carenze di budget, puntando soprattutto sulla sceneggiatura ma, come molti suoi predecessori, il film soffre di alcuni buchi che non vengono colmati proprio in virtù del soggetto. Inoltre, se la prima parte fatica a ingranare e a coinvolgere, la seconda ha il problema opposto, introducendo una serie di colpi di scena potenzialmente interessanti che però vanno a esplorare tutti i possibili sviluppi immaginati dalla spettatore. ARQ non soddisfa neppure sul fronte tecnico, con una regia piatta e una recitazione monocorde da parte di tutto il cast. L’azione è molto limitata, così come lo sono gli stimoli fantascientifici. Non emerge nessuna di quelle riflessioni che avevano fatto la fortuna di film di genere altrettanto “piccoli” come il già citato Timecrimes, che riusciva a trasformare i proprio limiti in una forza.

ARQ va quindi preso come un thriller fantascientifico senza pretese e senza guizzi, in grado di intrattenere moderatamente, ma che di certo non offre nessun contributo al genere, se non come testimonianza di una tendenza della fantascienza contemporanea certamente rilevante.

Scritto da Eugenio De Angelis.

Eugenio D.Sara M.
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