Una Scarlett Johansson dai capelli neri presta volto e corpo alla protagonista di Under the Skin, il nuovo film di Jonathan Glazer. Adattamento del romanzo d’esordio di Michel Faber Sotto la pelle (2000), la pellicola si limita a ispirarsi ad esso eludendo quel genere horror-fantascientifico che, seppur stravolto dall’impianto narrativo di Faber, forniva al libro un rassicurante filo conduttore ancora ascrivibile al linguaggio thriller.

Under the Skin di rassicurante non ha proprio niente. È paragonabile a film come Valhalla Rising di Nicolas Winding Refn, dove la storia si rarefà nelle immagini e la macchina da presa segue la deriva esistenziale di un protagonista di poche parole, fortissimo della sua presenza fisica (Mads Mikkelsen nel film danese, Scarlett Johansson qui). A quasi dieci anni di distanza da Birth – Io sono Sean di Glazer, dove Nicole Kidman era la diva attorno alla quale il film si costruiva come una gabbia d’angoscia, Johansson presta le sembianze a una predatrice oscura, replicante, aliena ma anche alienata.

Lo spettatore viaggia con lei attraverso scene che sono quadri ad alta definizione, concatenati lungo una sceneggiatura quasi priva di parole. È un cinema di visioni, di suoni, di voci che sono solo rumori di fondo; i rari dialoghi hanno la stessa funzione di una luce o di una musica, sono pennellate di colore in un dipinto. Glazer contrappone il realismo quasi documentario delle scene in cui Johansson adesca le sue vittime alle immagini visionarie che ne mostrano il destino. Lì il naturalismo scompare, lasciando spazio a una surrealtà che diventa simbolista.

La storia è quasi assente, come il dialogo, spostando Under the Skin in prossimità del cinema sperimentale, se non della videoarte. La protagonista emana un’aura mitologica, è la sirena letale che seduce gli uomini strappandoli alle loro spoglie terrene. Si confronta affettuosamente con un moderno Minotauro interpretato da Adam Pearson, attore realmente sfigurato da una malattia genetica. La scena si ferma appena prima di attraversare la soglia della facile esibizione grafica del mostruoso. Il corpo di Pearson viene usato nella medesima allegoria di alterità che pervade il resto del film, rendendolo antitetico e complementare alla fredda bellezza dei paesaggi scozzesi che fanno da sfondo alla vicenda; ma l’alterità principale rimane sempre quella della protagonista. Stupita e indifferente al tempo stesso, la creatura nascosta sotto la pelle di Scarlett non è umana, né potrà mai esserlo. Lo stesso viaggia per le strade dell’umanità, mentre si dirige verso un sacrificio a cui manca la ritualità delle sue seduzioni assassine.

Glazer ha girato un film ellittico che non piacerà a chi è in cerca di convenzioni fantastiche o a chi viene attirato solo dalla promessa (per altro mantenuta) del nudo di Scarlett Johansson. Non di meno, Under the Skin è un’opera misteriosa e affascinante come la sua protagonista senza nome.

Sara M. Giacomo B.
7/810