Il Cavaliere Oscuro Il Ritorno, la leggenda finisce. Dopo 8 anni di esilio, Bruce Wayne torna a indossare la maschera di Batman. Portare a termine le avventure dell’Uomo Pipistrello (tra i supereroi più noti della cultura pop) era un compito non privo di rischi, oltre ad essere estraneo alle dinamiche di proliferazione hollywoodiane. Invece Christopher Nolan mette in scena un finale in linea con gli avvenimenti narrati in Batman Begins e Il Cavaliere Oscuro e conclude con sapiente lungimiranza tutti i temi che hanno caratterizzato la trilogia, come l’ideologia, l’anarchia, la parabola dell’eroe, anche se non sempre con la profondità dei capitoli precedenti (in particolare il secondo).

Questo approccio permette al regista di scrivere una sceneggiatura solida (in collaborazione con il fratello Jonathan Nolan e David S. Goyer) che solo apparentemente sembra penalizzata dalla prolissità dispersiva di Inception e The Prestige. Consapevole dei difetti di fabbrica, Nolan dimostra lungimiranza nell’aver riabilitato personaggi e intrecci poco chiari in elementi indispensabili (in particolare Marion Cotillard e Joseph Gordon-Levitt), con alcuni sconvolgimenti a sorpresa. Anche la regia, lontana dal concitato ritmo di Batman Begins, è qui alla sua resa più sapiente e spettacolare, grazie anche alle numerose riprese realizzate con cineprese panoramiche per IMAX. Rimane, però, quel fastidioso didascalismo nolaniano, qui utilizzato o come spiegone da serial televisivo (mettendo in dubbio la fedeltà dello spettatore), o come espediente per avvicinare eroe e nemesi (il pozzo in cui cade il giovane Bruce/la prigione torre di Bane). Allo spettatore, inoltre, viene chiesta la cortesia di sorvolare su alcune licenze poetiche, più vicine all’action movie che alla trilogia nolaniana.

Il punto di forza de Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno risiede nelle capacità affabulatorie di Nolan, il quale dimostra un rispetto senza precedenti nei confronti della mitologia di Batman. Catwoman, interpretata da Anne Hathaway, ladra dalla moralità labile, dall’humor vagamente whedoniano e in costante conflitto con Bruce Wayne/Batman, trova in TDKR la sua incarnazione più fedele. Inoltre, le ragioni che spingono il protagonista ad innalzarsi a ideale, leitmotiv di tutta la trilogia, trovano nel capitolo finale gli ostacoli più grandi, a partire da Bruce Wayne: un uomo stanco, debole, desideroso di sconfitta. Ed è forse per questo motivo che Nolan sceglie come nemesi Bane, un antagonista recente dell”universo DC, appositamente creato per sconfiggere l’Uomo Pipistrello. Il lavoro di Nolan sul personaggio è notevole, così come l’interpretazione di Tom Hardy (completamente rovinata dal doppiaggio di Filippo Timi), ma, come nel fumetto, il criminale risulta più un espediente narrativo per mettere Batman in pericolo che un personaggio completo (colpa anche delle numerose trame e sottotrame che non permettono a tutti i personaggi un ampio respiro). Il regista, infatti, utilizza Bane soprattutto come simbolo di quell’anarchia, già ricercata dal Joker di Heath Ledger, che porta gli abitanti di Gotham nel caos, tra lotte di classe e tribunali auto gestiti.

Il Cavaliere Oscuro Il Ritorno conferma punti di forza e difetti dello stile di Christopher Nolan. Da una parte, lunghezza e didascalismo fanno di The Dark Knight Rises un film retorico e imperfetto, dall’altra, la pellicola conferma le grandi capacità narrative del regista, sempre abile nel raccontare storie e personaggi. Perché cadiamo? chiede Thomas Wayne al piccolo Bruce in Batman Begins. Con la parabolona dell’eroe che cade e si rialza, per poi cadere e alzarsi nuovamente (come spieghiamo con spocchia ignorante QUI), Nolan rende giustizia a un’icona del fumetto, portando avanti una sua personale visione studiata (quasi) nei minimi dettagli, e ricorda al pubblico che non è tanto chi siamo, ma quello che facciamo che ci qualifica.

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Chiara C.Davide V.Leonardo L.
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