La quarta stagione di Game of Thrones prende il via con gli intensi episodi Two Swords e The Lion and the Rose. La serie più seguita del mondo, firmata da David Benioff e D. B. Weiss, aveva lasciato il suo pubblico vedovo e orfano di un buon numero di protagonisti. Si fa perdonare con un inizio di stagione promettente: Two Swords introduce nuovi personaggi e non lesina su sviluppi avventurosi per i beniamini del pubblico.

Ad Approdo del Re la vera novità è l’arrivo dei dorniani, guidati dal principe Oberyn Martell e dalla compagna Ellaria Sand. I due si presentano in poche battute come una coppia (aperta e bisessuale) di antagonisti dei Lannister, in cerca di vendetta per il tragico destino della principessa Elia di Dorne. Nel profondo Nord, invece, il gruppo di Ygritte incontra gli inquietanti Thenn, lugubri guerrieri cannibali, i quali non potranno portare altro che gioia agli spettatori in cerca di emozioni forti. Spostandosi a oriente, la corte della Madre dei Draghi Daenerys Targaryen è sempre la stessa; qualcosa è però cambiato nel cast: con una soluzione tipica delle soap opera, l’attore che interpreta Daario Naharis è stato sostituito. Il fascino ruvido dell’olandese Michiel Huisman subentra quindi alla bellezza più convenzionale di Ed Skrein, che ad alcuni ricordava l’ottantesco modello Fabio (e questo non è mai un complimento).

Nella première spiccano soprattutto i personaggi femminili; guerriere, regine, vergini, puttane, sono sempre loro a manovrare i fili della guerra per la sopravvivenza. Arya, Daenerys, Shae, Brienne, Margaery, Cersei, Sansa, Ellaria, Ygritte; buone o cattive che siano, spinte da rabbia o nobiltà d’animo, da sete di potere o di vendetta, hanno in mano i destini di Westeros. Purtroppo Shae perde nella nuova stagione l’arguzia che l’aveva fin qui caratterizzata, lasciando luogo a una petulanza lagnosa che poco si confà al suo personaggio, al quale sono dedicati i momenti narrativi meno alti di questi primi episodi.

L’evoluzione della tomboy Arya Stark in spietata assassina assetata di vendetta è messa a punto con grande maestria. La lunga scena che vede per protagonisti il Mastino e Arya riprende i luoghi comuni del western, traslocandoli nei Sette Regni e annaffiandoli come al solito di sangue; i toni sono epici e dark. Il pubblico ride col Mastino, che ha qui un appeal alla Bud Spencer e reclama a gran voce i polli che soddisferanno la sua fame; ma il clou della sequenza sta nell’implacabile macchina di morte che l’accoppiata (tanto improbabile quanto azzeccata) può scatenare sugli anonimi cattivi di turno. Speriamo di vedere ancora scene come quella di Two Swords, tra le migliori nella storia di Game of Thrones.

Il secondo episodio, The Lion and the Rose, è principalmente incentrato sulla celebrazione dell’atteso matrimonio tra Margaery Tyrell, la rosa, e il perfido Re Joffrey, il leone. Le sequenze dello sposalizio sono precedute da spaccati di Forte Terrore, dove scopriamo che il bastardo di Bolton è ancora più cattivo di quanto non sapessimo già e che Theon si è ormai trasformato in un essere privo di volontà noto come Reek. Nel frattempo, a Roccia del Drago, il Signore della Luce miete nuove vittime sacrificali grazie all’influenza di Melisandre e della Regina Selise. Per finire, nel profondo nord Bran scopre quanto siano estesi i suoi poteri medianici.

Ma non sono queste le vicende che hanno vera importanza in The Lion and the Rose. L’episodio nasce per giocare con il pubblico tirando la leva dell’odio per Joffrey Baratheon, cattivo shakespeariano capace di unire le masse per l’antipatia e la ripulsa suscitate. Le nozze di Joffrey, ormai note come Purple Wedding, fanno da contraltare al Red Wedding della terza stagione. E così, dopo aver guardato Joffrey umiliare lo zio Tyrion e persino la band dei Sigur Rós (special guest per l’occasione), gli spettatori ricevono l’agognato regalo, tanto atteso nel corso del tempo: la spettacolare morte di Joffrey. E così, ci lascia anche Jack Gleeson, mentre Game of Thrones va incontro al suo momento Signora in giallo: chi ha ucciso Re Joffrey? Ma davvero a qualcuno importa?

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