Pochi ricorderanno come, parecchi anni fa, Silvio Berlusconi magnificava come proprio libro preferito l’Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam. Era ancora un Berlusconi che si poteva dare una parvenza intellettuale, prima che gli scandali sessuali facessero capire quanto la sua predilezione andasse a quell’altra cosa che con Erasmo fa semplicemente rima. Chi scrive invece, ostentando pervicacemente un’aurea radical chic, e rivolgendoci comunque al cinema, preferisce concentrarsi sulla provenienza del filosofo olandese. Rotterdam, porto più grande d’Europa, crocevia antico di traffici, genti e culture e sede di uno dei più importanti festival del cinema al mondo, l’IFFR.

Si potrebbe facilmente prendersela con la stampa italiana che trascura in massa questo evento per precipitarsi poi in massa alla Berlinale: i due eventi sono effettivamente troppo ravvicinati. Ma semplicemente Rotterdam è un’altra cosa, vive in un suo mondo empireo, lontano dalle passerelle, abbastanza lontano da Hollywood, dando spazio a un cinema dal mondo, un cinema multicolorato, al cinema sperimentale e alla video arte, al cinema di genere anche estremo come quello di Ivan Cardoso, una delle star di questa edizione.

Un festival che colpisce per le sue dimensioni elefantiache, con centinaia e centinaia di titoli suddivisi in quattro sezioni e ben sette retrospettive, sia personali che tematiche, di grande spessore scientifico, e proiettati in numerose repliche. E per la gran quantità di sale, 24 schermi perlopiù raggruppati in tre grandi multisale. Una quantità raggiunta, va detto, anche grazie al non avere nessuna politica dell’inedito, presentando quindi tante cose che possono essere già passate ad altri festival. E, come si diceva, spazio per cinematografie lontane, inedite. In concorso opere da Indonesia, Perù, Tailandia, Cipro, Cuba e anche un film da Trinidad e Tobago. E ciò senza scadere in facili terzomondismi, ma con un occhio attento comunque alla qualità. Wang Bing, Pedro Costa, le Pussy Riot sono solo alcuni degli ospiti di quest’anno. Una minima concessione al mainstream quest’anno anche l’IFFR l’ha fatta, con la nuova sezione Limelight, dove è passata la prima internazionale di Inherent Vice, l’ultimo film di Paul Thomas Anderson, che farebbe gola ad altri festival più glamour. Tra i pochi film presentati che avranno distribuzioni in sala. Se c’è una lezione che ci dà questo festival è che i film di circuito e quelli degli autori emergenti più importanti – si pensi solo a Lav Diaz – sono ormai diventati cose diverse.

Un elogio della cinefilia l’International Film Festival Rotterdam. Lasciando festini, lustrini e paillettes a festival del bunga bunga.