Alessandro Siani

Quando l’Epifania tutte le feste si porta via, è inevitabile ritrovarsi a fare dei bilanci. Anche involontari. In questo editoriale, infatti, avrei voluto parlare di pirateria, come promesso tempo fa, magari continuare il discorso su The Interview, o analizzare le nuove forme della critica cinematografica ai tempi dei social per capire verso quale Sud ci stiamo dirigendo. E invece non riesco a farne a meno: parlerò di Alessandro Siani.

Come dice la sua biografia ufficiale, «Alessandro Siani, napoletano classe ’75, è un attore comico che da dieci anni si divide tra teatro, cinema e televisione». Attualmente il suo secondo film da regista Si accettano miracoli sta sbancando i botteghini italiani. Un exploit che ogni bravo osservatore di realtà, giornalista da midcult, sociologo o critico cinematografico che si rispetti dovrebbe cercare di comprendere, magari andando come prima cosa a vedere il film in sala per percepire la composizione e la reazione della sala.

Non stiamo parlando di recensioni al film, le quali sono (scusate l’ovviamente) ovviamente dal pessimo al tiepido, ma del fenomeno in generale. Perché Siani piace? Cosa spinge “la gente” ad aver spostato il proprio interesse festivo dal cosiddetto cinepanettone alle commedie di comici televisivi? Ma soprattutto, è davvero così?

[OFF TOPIC: parliamo di recensioni online perché i quotidiani non ne hanno pubblicate. La distribuzione non ha proposto le consuete anteprime stampa e, almeno fin d’ora, nessun recensore sembra si sia recato in sala, pagando, apposta per recensirlo]

Facciamo un po’ di storia: i protagonisti dei 20 film italiani che hanno incassato di più nella storia sono Checco Zalone, Roberto Benigni, Bisio e Siani, Aldo Giovanni e Giacomo, Boldi e De Sica, Leonardo Pieraccioni. In comune hanno un passato recente come comico tv al momento dell’exploit cinematografico e una marcata appartenenza regionale. Forse allora non è cambiato nulla e il pubblico ha solo imparato a conoscere nuovi idoli, visto che Boldi e De Sica, dalla separazione, non frequentano molto la tv. Forse non c’è nessun cambiamento. Forse più che un bilancio, qui si tratta della solita conferma.

Sarebbe bello poter concludere con un anatema sul potere anestetizzante della televisione, sulla mancanza di gusto del pubblico, ma qui c’è qualcosa di più. Una smaccata distanza tra ciò che il cinema rappresenta e ciò che è. Una distanza che chi parla di cinema sembra non voler più, o e incapace di, vedere, colmare, comprendere. Perché in fondo quello che Siani promette è la favola, all’italiana, con i preti, i miracoli e le bancarelle di paese. Poi c’è chi vorrebbe vederla con luci non smarmellate e ben posizionate, meno giochi di parole e più dialoghi, meno comici e più attori e magari un tocco registico più tagliente. Ovvero il Sud verso il quale stiamo cercando di dirigerci. Ma trovarla in quel Sud sarebbe un vero miracolo. Ma noi continuiamo a volerci provare.

Scritto da Sara Sagrati.