Settimane luttuose nella settima arte. Ci hanno lasciato due registi fondamentali, Abbas Kiarostami e Michael Cimino, e un protagonista del cinema popolare italiano, Bud Spencer. Ma tra chi non fa più parte di questo mondo da poco c’è anche un personaggio dimenticato ai più, un regista brillante, dalle belle idee e dalla passione smisurata per il cinema che ha profuso negli unici due film che è riuscito a fare. Alludiamo al torinese Corrado Farina che si è spento l’11 luglio scorso.

Due soli lungometraggi, si diceva. Il primo, Hanno cambiato faccia, del 1971, è una satira politica ancora attualissima. La stessa espressione del titolo rimane un modo di dire per il trasformismo politico. Il film è una rilettura del mito di Dracula. A essere chiamato nel castello del conte è un impiegato di una società automobilistica invitato nella villa dell’imprenditore, l’ing. Giovanni Nosferatu, interpretato da Adolfo Celi. Non è per nulla difficile vedervi un ritratto al vetriolo dell’avvocato Agnelli, all’epoca l’uomo più potente e più odiato d’Italia. Momenti memorabili sono il giardino della villa percorso da Fiat Cinquecento come fossero i maggiordomi, e lo spot dell’Lsd, con lo stesso Farina come attore, satira del mondo della pubblicità in cui lo stesso regista lavorava. Il Pardo d’oro a Locarno riconosce l’importanza e il coraggio del film.

Segue poi, nel 1973, Baba Yaga che nasce dalla collaborazione con il grande fumettista Guido Crepax, di cui riprende il celebre personaggio di Valentina. La spregiudicata fotografa dai capelli a caschetto, simbolo erotico dell’epoca, si imbatte in una strega che possiede una bambola che si trasforma in donna. Un horror visionario impregnato di un delicato erotismo e della cultura pop dell’epoca. Il mito dell’horror classico qui ripreso è il Golem, il gigante d’argilla che prende vita. Se la Valentina del fumetto è già una citazione cinematografica, dalla diva del muto Louise Brooks, Farina aggiunge Carroll Baker, che fu la protagonista di Baby Doll – La bambola viva. Questi due film rientrano anche in una progettata trilogia che è rimasta inconclusa. Farina ha in cantiere Un posto nel buio, negli anni Ottanta, ma il produttore Franco Cristaldi si tira indietro. Il regista allora ripiega su un romanzo dalla sceneggiatura del film. Un posto nel buio è la rielaborazione di un altro archetipo del gotico, Il fantasma dell’opera. E ancora Farina usa questa storia per raccontare il suo amore per il cinema. Lo spettro infesta una vecchia sala cinematografica torinese, di quelle eleganti, stuccate, di una volta, e si oppone alla demolizione dell’edificio. La crisi dei cinema che già all’epoca mieteva impietosamente vittime nel patrimonio culturale e architettonico delle sale di una volta, che porterà poi ai bingo e ai supermercati, è il tema reale di questo mancato film, dove il puro cinefilo Farina inserisce anche delle stoccate alle interruzioni pubblicitarie dei film in tv, altro problema dell’epoca. Corrado Farina è stato un esempio del talento del cinema italiano di genere, non riconosciuto per l’ignavia del sistema.