Fine anno, tempo di classifiche. Si può essere totalmente obiettivi nello stabilire quali siano le migliori serie Netflix del 2017? Forse no. Chi vi scrive qui è un essere umano, con i suoi gusti e le sue preferenze. In questa top 5 non troverete le serie già rodate, come Stranger Things e BoJack Horseman (che forse hanno fatto meglio l’anno precedente). Ho prediletto quelle che ho guardato con più entusiasmo e meno sbadigli, spesso tutte d’un fiato. Ci sono soprattutto fantascienza e dramedy, i generi nelle mie corde; ma non vi consiglio niente di cui non mi assuma la responsabilità critica. E allora eccovi la cinquina finale.

dark

Dark

Amare Dark o restarle indifferenti è questione di inclinazione personale. Farà impazzire di gioia chi si eccita davanti alle narrazioni a rompicapo, chi ama i paradossi temporali e chi si diverte a guardare le serie come se fossero misteri da risolvere. Se Dark fosse uscita un episodio alla settimana, sarebbero fioriti forum e gruppi per discutere delle teorie più astratte – e forse è un peccato che non sia successo. Insomma, avete capito: i fan di Westworld e Lost l’apprezzeranno; i detrattori di quegli show la odieranno. Due bonus extra: è una serie tedesca (per variare la dieta televisiva anglofona) e la sua direzione artistica è particolarmente curata (scenografia, fotografia, costumi). Anche in questo, è un meccanismo a orologeria.

dear white people

Dear White People

Dear White People è una serie fortemente politica (ne ho parlato qui), ma non è soltanto questo. Originale Netflix alla sua prima stagione, la serie di Justin Simiem è un dramedy satirico. Ha uno humor affilato, scambi di battute concitati, un cast capace di tenere banco. Il formato breve e incalzante della serie incoraggia a guardarla tutta in una sera. Ha un’altra qualità fondamentale e rara in un dramedy: è cinematograficamente potentissima nella messa in scena, tant’è che il suo episodio Chapter V, diretto da Barry Jenkins (Moonlight), è giustamente nella top 10 dei migliori momenti tv di Vulture. A questo si somma una struttura narrativa a incastro coerente coi temi trattati, mai fine a se stessa. L’armonia tra le parti immerge lo spettatore nel campus universitario in cui lo show è ambientato, facendo crescere la tensione con l’avanzare della stagione. È uno dei gioielli di Netflix del 2017.

suburra

Suburra

Il primo originale Netflix italiano non poteva essere altro che una storia gangster. Se accettate questa premessa e non vi fate spaventare dagli occhiacci di Spadino qui sopra, vi potrete guardare una serie notevole. Suburra è una narrazione corale con al centro 3 personaggi uniti dal fatto di essere giovani criminali. Sviluppata da Daniele Cesarano e Barbara Petronio, è soprattutto un racconto di formazione e una bromance. È la carica umana ed emotiva dei personaggi a far appassionare alla serie, supportata da una trama noir aggressiva e da una struttura che usa le anticipazioni iniziali suggerendo un continuo incombere del pericolo. Contiene anche una sottotrama gay che esplora la definizione di mascolinità in un ambiente criminale. Come spesso accade con le storie di gangster, si respira un’aria da tragedia shakespeariana. Cast interessante, Alessandro Borghi prevale sugli altri con il suo Aureliano, antieroico, buono e un po’ Lannister.

star trek discovery

Star Trek Discovery

Nuovo spin-off nell’universo narrativo di Star Trek, la serie di Bryan Fuller e Alex Kurtzman è consigliata a chi ama la fantascienza. È ottima anche per chi non è mai stato fan della serie classica e delle sue discendenze. Star Trek Discovery cambia lo stile narrativo che ha caratterizzato le altre serie: usa una struttura che elimina i casi di puntata, concentrandosi sulla trama orizzontale. È uno Star Trek figlio della nuova Golden Age of Television, e anche per questo estremamente godibile – a meno che l’unica cosa che cerchiate in Star Trek sia proprio l’antologia di racconti sci-fi l’uno in fila all’altro; in quel caso, ho cattive notizie per voi. Se siete dei bigotti, le notizie sono anche peggiori.
Questa serie ha il raro pregio di una CGI non imbarazzante e qualche soluzione visiva lisergica. Nel complesso, è artisticamente sopra la media della fantascienza televisiva.
Per la precisione: in Italia è distribuita solo da Netflix, ma è una serie CBS All Access.

she's gotta have it

She’s Gotta Have It

Serie d’autore, creata da Spike Lee col contributo di autrici e autori d’eccellenza, con stile barocco segue le vicissitudini amorose ed esistenziali di una giovane donna nera. È un dramedy fortemente femminista, che usa il pretesto della commedia romantica per scandagliare i pregiudizi verso la libertà sessuale delle donne. È una delle poche serie ambientate a Brooklyn in cui si parla davvero della gentrificazione, almeno non come una semplice nota di costume per scaricarsi la coscienza (si veda la puntata 6×08 di Girls): in She’s Gotta Have It la gentrificazione è qualcosa che accade per davvero, che fa parte della trama e influenza le vite dei personaggi. Lee affronta la questione con dovizia di particolari, spiegando le difficoltà della comunità afroamericana nel nuovo scenario del quartiere.
She’s Gotta Have It è a pieno titolo una delle migliori serie Netflix del 2017, da vedere, tra le altre cose, anche per la colonna sonora.

glow

Menzioni speciali: 2 tipi di commedia – Le migliori serie Netflix del 2017

Il dramedy d’autore è un filone che va per la maggiore, in questi anni, con esempi felici dentro e fuori dalla nostra piattaforma on demand preferita. Al di fuori della cinquina che vi ho proposto, vale la pena ricordare alcuni show Netflix particolarmente riusciti, che spaziano in altre forme di commedia.

Il primo esempio è Glow di Liz Flahive e Carly Mensch. Qui siamo nella zona della commedia più classica, ispirata agli e ambientata negli ormai inevitabili anni ’80 – quindi un generone vecchio stile, che ogni tanto fa piacere rispolverare. Immaginatevi Il segreto del mio successo nel mondo del wrestling femminile, con Alison Brie al posto di Michael J. Fox a scherzare su cosa significhi essere un’antieroina.

Completamente in un altro mondo, c’è American Vandal: parodiando le serie documentarie come Making a Murderer, Dan Perrault e Tony Yacenda creano uno show true crime in cui il (falso) delitto investigato è faceto: il giallo si basa sullo svelare se è davvero stato il fattone della scuola a disegnare dei cazzi su alcune macchine. Nonostante la premessa a rischio di autocompiacimento goliardico, gli autori piegano lo spunto a una riflessione sociale per nulla idiota e creano persino una certa suspense, senza risultare né scemi né tromboni.