In questo periodo pre-natalizio mi viene in mente Gundam di Yoshiyuki Tomino. Un po’ perché è partita una campagna contro i babbi natale che infestano i tetti di molte città e anche i robottoni giapponesi la stanno sostenendo (o quanto meno le loro versioni cosplay e pupazzo). Un po’ perché il brand Gundam continua a fare furore a distanza di 34 anni dall’uscita della prima serie TV Gundam nel 1979. Vale la pena dunque dare spazio a una serie che ha segnato una vera innovazione del genere robotico e continua a farlo evolvere e ad appassionare il grande pubblico.

Alla fine degli anni Settanta Gundam sposta le saghe robotiche su un terreno molto più realistico, offrendo sceneggiature più elaborate, personaggi più complessi e un meka design più credibile. Non più la divinizzazione del Robot, tipico delle storie di Go Nagai, dove i protagonisti sono proprio questi oggetti unici, ricombinabili a volte in più forme, ma sempre a partire da una matrice. Non più il Robot come ultimo baluardo a difesa della razza umana contro l’invasione aliena. In Gundam i robot sono mobil suit, ossia “tute da lavoro mobili”, termine che rimarca come si tratti di attrezzi, strumenti, utensili sostituibili e rimpiazzabili. Non l’unicità quasi-divina di Mazinga, ma l’intercambiabilità di un pur sofisticato strumento di lavoro. I mobil suit Gundam sono strumenti nelle mani di chi porta avanti una guerra tra la Terra e le colonie secessioniste. Non più nemici diversi dall’umanità, ma la divisione all’interno della razza umana stessa. Nonostante questo, si può affermare che, all’inizio degli anni Ottanta, il distacco del cartoon robotico dal prototipo nagaiano non era ancora completo.

Sarà la nuova generazione dei Gundam, inaugurata con Gundam Wing da Hajime Yatate nel 1995, a segnare la svolta definitiva. Le nuove storie dei piloti dei Gundam affrontano anche gli aspetti più problematici e ambigui del conflitto. Non più eroi coraggiosi e senza paura che combattono per il bene, ma protagonisti giovani e inesperti che combattono battaglie di cui non sono convinti e sono costretti ad affrontare la propria autodistruttività. La storia, i personaggi, il realismo con cui tutto viene trattato, sembrano appartenere più a un film di guerra che a un anime robotico. I nemici non sono più mostri o alieni, ma esseri umani. La guerra si presenta cruda e violenta perché ha perso ogni suo valore simbolico e rituale: è guerra e basta. La nuova concezione del conflitto introdotta da Gundam Wing si può riassumere nella frase della protagonista Relena, esponente di un gruppo di pacifisti: “La guerra porta distruzione, ma noi dobbiamo combattere per proteggere i nostri cari da quella distruzione”.

Nonostante tutto, in Gundam Wing il pacifismo tenta di trionfare sul conflitto, e la filosofia che troviamo alla base della storia tende a prendere una nota positiva. Sebbene i piloti dei Gundam vengano originariamente spediti a combattere e portare distruzione sulla Terra in nome della libertà delle colonie, alla fine saranno loro che, unendosi alle forze di Relena, saranno protagonisti della crociata per portare la pace su entrambe le fazioni in campo. Tutto ciò fa di Gundam Wing una serie più “matura” da un punto di vista filosofico rispetto alle altre serie da cui deriva.

La caratterizzazione psicologica dei protagonisti di Gundam Wing è ben curata. Lontani dai cliché della prima generazione, essi vivono pienamente paure, gioie e i sentimenti più laceranti. Non fingono mai, piuttosto fanno fatica a comunicarsi l’un l’altro quello che provano. A volte vivono delle contraddizioni, non sanno che strada prendere, e così ne percorrono più di una. I personaggi che compaiono non hanno mai funzione “usa e getta”, ognuno di loro lascia un segno profondo nella storia e negli altri personaggi, anche se fa parte delle file nemiche. Il dolore di chi rimane si protrae nel tempo e viene superato con fatica, non si consuma nel corso di un episodio.

Nelle nuove saghe di Gundam a parlare è il Giappone della nuova generazione, che ha dato un taglio netto al passato ed è personificato nei giovani piloti, di solito quindicenni come gli spettatori che dell’anime robotico hanno decretato il successo, che sceglieranno la propria strada contro i desideri del padre o della madre, figure consunte del vecchio sistema, o in loro assenza.

Continua a errare su Facebook e Twitter per essere sempre aggiornato sulle recensioni e gli articoli del sito.