Ralph Spaccatutto è il film Disney di Natale 2012, girato in animazione digitale 3D da Rich Moore. Il protagonista, in originale Wreck-It Ralph, è il cattivo di un vecchio videogame dal titolo Fix-It Felix, il quale, dopo trent’anni trascorsi a fare ciò per cui era stato programmato, fugge dal suo coin-op per inseguire il sogno di diventare un eroe: le conseguenze saranno disastrose, non soltanto per lui.

Ambientato per intero in una sala giochi vecchio stile, che ricorda per molti versi quella del primo Tron – il film che diede il via, esattamente trent’anni fa, all’uso dell’animazione digitale nel cinema – e che diventa, dopo la chiusura, un luogo incantato nel quale i personaggi dei videogames, come i giocattoli di Toy Story, prendono vita al di fuori delle macchine a gettoni e si riuniscono in una dimensione parallela, Ralph Spaccatutto è un film complesso e riuscitissimo, cui possono essere attribuiti più livelli di lettura, risultando così adatto a varie fasce di pubblico.

Specialmente nella prima parte, il film si presenta come un omaggio pieno di nostalgia a un mondo, quello dei videogiochi arcade, in via di estinzione, schiacciato da supporti tecnologici casalinghi ormai alla portata di tutti: con spirito nerd, smaliziato ma non irriverente, il talentuoso Moore – formatosi alla scuola di Matt Groening come co-regista di numerosi episodi di The Simpsons e di Futurama – ripercorre trent’anni di storia videoludica attraverso le apparizioni di personaggi iconici fra cui Pac-Man, Sonic, Ryu e Ken di Street Fighter e il pioneristico Q*Bert, e delle rispettive nemesi originarie. Un omaggio che diventa, nel contempo, amara riflessione sull’era digitale, nella quale l’avanzamento della tecnologia non procede di pari passo con un miglioramento della condizione umana: alla stregua di Charlie Chaplin nel film Tempi moderni, i personaggi risultano intrappolati in una sorta di catena di montaggio virtuale, in cui ognuno è costretto a ripetere meccanicamente le stesse azioni, e dalla quale non pare possibile trovare una via d’uscita, se non a prezzo della totale alienazione di se stessi.

Emblematica, in questo senso, la figura del protagonista – modellata sull’attore John C. Reilly, che lo doppia in originale – un energumeno rozzo ma pirandellianamente consapevole del proprio ruolo di perdente, un po’ Shrek un po’ Sulley di Monsters & Co., che, come quest’ultimo, ritrova l’autostima attraverso l’incontro con una bambina, in questo caso l’irritante Vanellope Von Schweetz, una sorta di Vanessa Hudgens in sedicesimo, a sua volta segnata dalla propria condizione di glitch, cioè errore di programmazione. Più grottesca risulta la controparte eroica, impersonata dal basso e sgraziato Felix Aggiustatutto e dalla grintosa sergente Calhoun (doppiata dall’ottima Jane Lynch), prototipo dell’eroina moderna dalle curve mozzafiato e dal temperamento bellicoso, e protagonista del nuovissimo gioco sparatutto Hero’s Duty.

Trattandosi di una produzione Disney, quasi tutti i conflitti sono comunque destinati a trovare una soluzione, in questo caso attraverso un artificio narrativo gradevole, ma senza il quale il film poteva raggiungere l’eccellenza. Ad ogni modo, Ralph Spaccatutto rimane un prodotto di ottimo livello, grazie soprattutto al felice equilibrio raggiunto fra invenzione fiabesca e profondità psicologica, fra azione frenetica e comicità surreale: a questo proposito, Moore punta su gag metacinematografiche talvolta geniali, che giocano sulle imperfezioni visive e sulla schematicità di movimento dei motori grafici a 8 bit, e sul contrasto fra vecchi platform semplici e ingenui e shooter di ultima generazione, violenti e realistici. Memorabili la sequenza della terapia di gruppo, in stile alcolisti anonimi, dei cattivi dei giochi vintage, fra i quali spicca il lottatore russo Zangief di Street Fighter, e quella, stereotipicamente tragica, del background di Calhoun. Grande anche la battaglia finale, in pieno stile sci-fi, ambientata nel mondo zuccheroso di Sugar Rush, e zeppa di riferimenti al mondo del junk food.

Un film molto più vicino, nella ricchezza delle invenzioni e nella complessità delle tematiche, allo stile Pixar – non a caso, lo stesso John Lasseter è produttore esecutivo – che non a quello Disney. L’impronta di quest’ultimo si limita, infatti, a sancire una morale di fondo conciliante, ma è il minimo, per un film natalizio. In questo caso, la commistione fra i due studios ha funzionato alla grande.

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Leonardo L.
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