In un’epoca di streaming fatto da show che durano ore infinite, la miniserie The Pale Horse si risolve in due puntate, con lo stesso minutaggio di un film neanche troppo lungo. È la trasposizione di un giallo pieno di venature horror, pubblicato da Agatha Christie alla fine del 1961. Trasmessa da BBC One a febbraio 2020, da noi è arrivata in ottobre su Sky Cinema Collection.

Agatha Christie secondo Sarah Phelps – The Pale Horse: recensione della miniserie folk horror

Diretta da Leonora Lonsdale, la serie è scritta da Sarah Phelps, l’autrice che si è occupata degli altri adattamenti dei romanzi di Christie usciti negli ultimi anni. The Pale Horse arriva dopo ben quattro miniserie nelle quali Phelps ha stravolto le aspettative del pubblico, in una new wave che abbandona le formule più classiche.

Come si osserva nella nuova versione di And Then There Were None del 2015, il mood cupo è quello predominante, mentre si perdono gli elementi più rassicuranti che punteggiavano invece i libri della giallista inglese. Ordeal by Innocence e Witness for the Prosecution esplorano la pervesione nei rapporti familiari, The ABC Murders immagina un background diverso per un personaggio fondamentale come Poirot. In alcuni casi Phelps modifica l’intreccio giallo e a volte persino l’assassino, in un dialogo a più layer con un pubblico che potrebbe conoscere già le trame di queste storie.

Il folk horror inglese – The Pale Horse: recensione della miniserie folk horror

Il primo elemento standard a venire meno in questa versione di The Pale Horse è la commedia romantica, che dava un contrappunto allegro al romanzo. Qui i toni sono completamente cambiati, andando incontro a uno dei più interessanti revival di questi ultimi anni: il folk horror, sottogenere le cui radici affondano nella televisione e nel cinema britannici. In esso, la campagna inglese ospita rituali pagani e stregoneria, pervasa da quelle antiche forze mai del tutto dimenticate dal mondo contadino. Nel caso di The Pale Horse, un personaggio che si autodefinisce “razionale” si confronta con tre streghe, weird sisters della situazione, in una vicenda che si poggia in larga parte sui canoni dell’orrore.

Molti dettagli arrivano direttamente dal folk horror. Un rituale viene ripreso dal film più noto del genere, The Wicker Man di Robin Hardy (1973): il protagonista di The Pale Horse, Mark Easterbrook, assiste a una processione tradizionale con costumi e maschere zoomorfe, che si conclude con la decapitazione di un re di paglia. Mark viene turbato da questa manifestazione e il suo terrore aumenta quando trova delle bamboline di vimini appoggiate al parabrezza della sua auto. Nonostante lo scetticismo che ostenta, teme di essere stato maledetto dalle streghe e di morire a causa loro. Attorno a questo nucleo ruota tutto il resto della vicenda.

Il peccatore irredimibile – The Pale Horse: recensione della miniserie folk horror

Uno degli aspetti più interessanti di The Pale Horse è la caratterizzazione del personaggio principale. Già nelle primissime scene, Mark è definito come moralmente deviato, in un modo che ricorda molti dei protagonisti degli horror a episodi dell’Amicus o quelli di una serie come Tales from the Crypt. È chiaro che non è un “buono” e di certo non è nemmeno un antieroe per cui tifare. Nelle prime inquadrature, lo vediamo inoltrarsi con la sua amante in uno scenario notturno illuminato da luci rosse, mentre qualcuno gli urla che l’inferno lo sta aspettando perché è un peccatore. Poco dopo, compie un’azione meschina che ne definisce inequivocabilmente il carattere.

La sua discesa morale non si arresta mai: più Mark si inoltra nella storia, più si moltiplicano le occasioni per mostrare quanto sia un uomo spregevole. Disonesto con la moglie, a cui mente condendo le bugie col gaslighting, è disposto a tutto pur di nascondere i propri segreti. È pavido e arrogante, e con l’aumentare dello stress diventa sempre più cattivo verso la compagna. L’incontro con le streghe fa cadere le sue apparenze, svelandone il vero volto. La sua tracotanza lo conduce al trope dell’uomo che afferma la propria razionalità verso le superstizioni, trovandosi poi disperato ad ammettere di avere cambiato idea.

Questa è una figura comune nella letteratura del terrore. Ricollegandoci al folk horror, essa viene ampiamente usata da M. R. James, scrittore di riferimento del genere televisivo inglese – due esempi su tutti: troviamo personaggi simili nel racconto Casting the Runes e nell’adattamento del 1974 di The Treasure of Abbot Thomas, con la drammaturgia di John Bowen. In The Pale Horse di Phelps, Mark è consumato dalla colpa, ed è questa la ragione per cui ha così tanta paura di essere stato maledetto. È un perfetto esempio di narrazione character driven, sostenuta dall’interpretazione dell’attore Rufus Sewell.

Il matrimonio infelice – The Pale Horse: recensione della miniserie folk horror

Allo stesso modo di altri brillanti esempi di folk horror, The Pale Horse scandaglia le miserie di una coppia infelice. La stessa cosa succede nel recente film Midsommar di Ari Aster (2019) e nel play della BBC A Photograph (1977), sempre del drammaturgo John Bowen. The Pale Horse ha parecchio in comune soprattutto con A Photograph, proprio per l’approccio al tema del matrimonio borghese.

In The Pale Horse incontriamo Hermia, la seconda moglie di Mark, interpretata da Kaya Scodelario. Coerentemente con la storia ambientata nel 1961, Hermia è l’incarnazione di quella mistica della femminilità già rappresentata in tv dalla Betty Draper di Mad Men. Allo stesso modo, a Hermia è destinato il ruolo di curatrice di una casa perfetta e di ospite impeccabile ai party, ignorata dal marito che è freddo e ipocrita nei suoi confronti. La serie mostra la sofferenza psicologica di Hermia in alcune scene emblematiche: in una fa metodicamente a pezzi un cuscino, in un’altra ha fantasie di violenza verso una conoscente che la bulleggia.

Mentre la moglie infelice di A Photograph è lambita dai temi della contestazione degli anni ’70 e ha una visione critica del marito, Hermia è intrappolata in un’immagine posticcia del suo matrimonio, che va sfaldandosi durante la due puntate. Mark invece somiglia molto al marito di A Photograph, a cui è accomunato per il modo in cui tratta la moglie e per il sovvertimento del suo scetticismo, movimento che spinge entrambi i personaggi nelle campagne per cercare una soluzione ai propri crucci.

L’intreccio giallo – The Pale Horse: recensione della miniserie folk horror

Ma tornando ad Agatha Christie, com’è funziona l’adattamento? Le versioni di Sarah Phelps sono a volte controverse per il piglio iconoclasta dell’autrice. Non sempre riescono, ma il tentativo è sempre interessante. The Pale Horse, in italiano Un cavallo per la strega, era un romanzo vivace e già intriso di quegli elementi horror che Phelps ha deciso di espandere. La strada che ha preso è rispettosa del genere e ha il pregio di funzionare su più livelli del discorso: il rapporto con l’originale, la vicenda come horror, la cronaca di un matrimonio infelice, e – infine – il giallo stesso. Quest’ultimo è forse l’unica nota dolente di tutta l’operazione, perché Phelps se ne allontana talmente tanto che alla fine per inglobarlo deve fare i salti mortali. L’intreccio giallo risulta più macchinoso rispetto al libro e non immediatamente comprensibile quando esposto nel finale (fioriscono gli articoli The Pale Horse Explained). Però il senso dell’opera resta inalterato, perché non si trova in questi meccanismi; The Pale Horse non è davvero un whodunit, quanto il viaggio patetico di un uomo dentro la paura della propria morte. Come tale funziona benissimo, diventando un nuovo bel capitolo del folk horror inglese.

Sara M.
7/8