Unbelievable è una miniserie prodotta da Netflix, diretta e sceneggiata da Susannah Grant. Basata sull’omonimo reportage giornalistico pubblicato da ProPublica e The Marshall Project, la miniserie racconta la caccia e la cattura di uno stupratore seriale da parte di due poliziotte del Colorado e di come la loro indagine faccia tornare a galla un caso di stupro nello stato di Washington di qualche anno prima.

Unbelievable

Due piani temporali – Unbelievable: recensione

La storia viaggia su due piani temporali e spaziali differenti: il primo episodio si apre nel 2008 nello stato di Washington, in casa dell’adolescente Marie (Kaitlyn Dever), che afferma di essere stata stuprata da uno sconosciuto in piena notte. Interrogata dalla polizia senza alcun supporto psicologico e con pochissimo rispetto per il suo stato mentale, Marie viene considerata inattendibile e costretta a ritirare la sua accusa.

Il secondo episodio invece si sposta avanti di qualche anno, nel 2011, e in un altro stato, il Colorado, dove la detective Karen Duvall (Merritt Wever) accorre sulla scena di un altro stupro, questa volta di una studentessa universitaria tenuta legata e abusata per una notte intera. Per risolvere il caso, Karen si allea con una detective di un altro distretto, Grace Rasmussen (Toni Collette), che sta seguendo un caso con elementi molto simili a quelli rilevati dalla collega.

Dal terzo episodio in avanti, la serie Netflix si muove agevolmente da un piano spazio-temporale all’altro, costruendo a poco a poco il legame tra Marie Adler e l’inchiesta di Karen e Grace, fino alla risoluzione del caso.

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La serie simbolo del #metoo – Unbelievable: recensione

Unbelievable, basata su una storia vera, è stata subito denominata serie simbolo dell’epoca del #metoo e di fatto lo è, per tre motivi principali.

Il primo riguarda come la serie porti avanti, nella messa in scena e nello svolgimento della narrazione, una severa critica degli errori più frequenti compiuti dalla polizia nei casi di stupro, come quello di mettere in dubbio le parole della vittima e di farle subire un altro trauma, oltre a quello dello stupro (da qui il termine “unbelievable”, che in inglese può significare sia un/a testimone non credibile, sia una situazione incredibile per la sua assurdità).

È infatti l’enfasi sul modo in cui ci si relaziona alle vittime di stupro che dona la lettura più femminista di Unbelievable: senza troppi spoiler, la differenza di trattamento tra Marie Adler, interrogata da poliziotti maschi poco avvezzi a casi di stupro, e quello di Amber, il cui caso viene seguito da Karen, non lascia indifferenti, e provoca reazioni che variano dalla rabbia cieca alla speranza che l’approccio di Karen possa diventare obbligatorio come tutorial per tutto il corpo poliziesco.

Il secondo è il modo in cui la serie Netflix rappresenta le figure femminili, soprattutto quelle vittime di violenza sessuale, viste non più come stereotipiche donne indifese, ma come individui con capacità di agency e personalità complesse. Inoltre smonta l’idea che le vittime di stupro siano sempre giovani e attraenti, attaccando quindi la tesi secondo cui in qualche modo “se la sono cercata”.

Infine, Unbelievable è un prodotto mediale ideato, creato e rappresentato in larga maggioranza da donne. Oltre a Susannah Grant come regista e prima sceneggiatrice, ideatrice e produttrice di, la serie Netflix ha infatti un trio di formidabili protagoniste: Merritt Wever e Toni Collette sono le detective a capo dell’inchiesta, mentre Kaitlyn Dever offre una performance intensa e toccante nei panni della fragile Marie Adler.

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Karen e Grace – Unbelievable: recensione

Tra le due poliziotte, il personaggio più interessante è quello di Karen, interpretato dalla Wever. Mentre Toni Collette nei panni di Grace è il personaggio della donna che si è dovuta “maschilizzare” per emergere in un mondo a predominanza maschile, Karen è invece una donna dalla personalità complessa e affascinante: cristiana devota ma mai bigotta, poliziotta dalla straordinaria abilità empatica, mossa da una determinazione che sfiora la testardaggine, è dolce e letale allo stesso tempo. Non fatevi incantare dal tono di voce basso e dalle movenze lente e circospette: Karen non mollerà il caso fino a quando non l’avrà risolto, senza risparmiare se stessa ne’ chi lavora con lei, sempre nel pieno rispetto delle persone con cui viene a contatto durante l’inchiesta.

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La serie Netflix e la contemporaneita’ – Unbelievable: recensione

La serie tocca anche temi contingenti a quello della violenza sessuale, come il pregiudizio di classe, la corruzione della polizia, il sessismo nei luoghi di lavoro e l’inefficiente sistema degli affidi e dei servizi sociali in America. L’adolescente Marie infatti è considerata inattendibile non solo dalla polizia, ma anche dalle persone a cui è affidata, perché è una ragazza considerata difficile, cresciuta tra case famiglie e con una storia di abusi alle spalle.

Nel 2019, non è difficile vedere nella critica di Unbelievable al sistema poliziesco e giudiziario nei confronti delle vittime di stupro un’eco delle vicende contemporanee, dal caso Weinstein a quello di Brett Kavanaugh, fino al caso di stupro di Emily Doe.

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Rispetto per chi subisce violenza – Unbelievable: recensione

Unbelievable è una serie dura, a volte difficile da guardare, ma se si ha la costanza di proseguire, si verrà premiati da una regia coinvolgente, interpreti bravissime e una storia che è determinata non solo a raccontare i fatti, ma a raccontarli nel modo giusto.

Non indugia infatti nella rappresentazione grafica gratuita di scene di stupro, non solletica nessun basso istinto nel mettere in scena la violenza, non crea personaggi bidimensionali, e anche i comprimari sono rappresentati in maniera non stereotipata.

Unbelievable un’ottima miniserie che racconta una storia incredibile ma vera, con tutto l’impegno e il rispetto che è dovuto alle donne che hanno subito abusi e a quelle che hanno cercato di mettere fine alla violenza, come Karen e Grace.

Elena D.
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