30 Days Without an Accident, scritto da Scott M. Gimple e diretto da Greg Nicotero (la cui carriera è quasi interamente incentrata sui “morti viventi”), è un discreto inizio di stagione.

Ormai The Walking Dead è un evento mondiale (si pensi alle decine di paesi, Italia compresa, in cui è trasmesso in quasi contemporanea con gli States) e dopo la proiezione di un qualunque episodio – soprattutto se questo apre o chiude una stagione – si legge tutto e il contrario di tutto. La verità, come (quasi) sempre, sta nel mezzo: l’incipit della quarta stagione presenta alcune situazioni e spunti originali e altri momenti più prevedibili e retorici. E naturalmente è troppo presto, in un serial dal lungo sviluppo narrativo orizzontale, per azzardare giudizi definitivi: meglio qualche semplice ma funzionale spunto di riflessione.

Innanzitutto, l’introduzione di nuovi personaggi: la stagione precedente si conclude con l’accoglienza, da parte del gruppo del carcere, capitanato da Rick Grimes, di un gruppo di fuggitivi dal regime del Governatore (ancora “latitante e ricercato” da Michonne, ormai determinata cacciatrice di taglie). La presenza di nuovi personaggi all’interno delle mura del carcere può essere un’arma “a doppio taglio”: da un lato la possibilità di (ri)lanciare nuove linee narrative, dall’altro il rischio di disperdere il racconto o di trovarsi delle “macchiette tra i piedi”. E su questo non si può che attendere i prossimi sviluppi.

Poi, il ruolo dei nomi: Carl chiama Violet il maiale malato e morente, con il rischio, secondo il padre Rick, di affezionarcisi; alcune bambine invece chiamano innocentemente per nome gli erranti ammassati intorno alla rete che delimita il loro nuovo “villaggio”, perché – e qui un primo momento di retorica un po’ fastidiosa, ma perdonabile, dal momento che è pur sempre un dialogo tra giovani e più o meno ingenui ragazzi –, nonostante i corpi in disfacimento, gli erranti non sono morti, solo “diversi” (comunque umani?).

Ormai rituale e in parte prevedibile nel suo sviluppo è la sequenza all’interno del supermarket, ma originale rimane l’idea di far “piovere dal cielo” gli zombies, che sfondano un pericolante soffitto e cadono addosso agli uomini e alle donne in cerca di rifornimenti.

Significativa – nell’ottica di una comunità che cerca di ricominciare a vivere più o meno “normalmente” – è la sequenza della lezione di Storia e Letteratura: in una stanza buia, circondata da libri, Carol legge ai giovani un brano da Pinocchio, per poi passare repentinamente a una lezione di pratica con i coltelli, perché nel “nuovo mondo” la sopravvivenza è l’arte più importante.

Interessante è infine anche la linea narrativa che segue Rick nel bosco, dove incontra un’ambigua donna, che – come una boccacciana Lisabetta, folle d’amore – lo conduce presso i resti del marito (si può solo immaginare quello che si agita sotto una coperta, probabilmente un corpo senza arti, forse solo la testa, come nella novella di Boccaccio, appunto). Lì, si uccide, per diventare come l’uomo amato, ma, agonizzante, risponde (e qui si presenta un altro momento di retorica meno perdonabile del precedente) alle tre domande che Rick avrebbe posto loro, prima di accoglierli nella comunità: quanto erranti hanno ucciso? Quanti uomini? E il più difficile dei quesiti: perché?

I trenta giorni “senza alcun incidente” dunque finiscono, si riparte a contare da zero: con la morte di Zack, una coppia si spezza – azzeccata la scelta di non far piangere la fidanzata Beth, poiché non vi sarebbe comunque alcun coinvolgimento dello spettatore nella morte di un un personaggio appena introdotto. Rimangono apparentemente solide le due coppie ormai note: Glen e Maggie (incerti solo se essere più o meno felici di non aspettare un figlio, in un mondo post-apocalittico, e sul ruolo che la Paura ha avuto nella loro sopravvivenza nel corso dei mesi) e Daryl e Carol (sempre tra amicizia e affetto, studiano tattiche per evitare gli “erranti”, scherzosi sul nuovo ruolo dell’uomo di “eroe” della comunità).

Un altro nuovo personaggio secondario esce di scena in coda: Patrick, un giovane dai modi gentili, che si ammala e cade a terra, prima svenuto, poi morto, sotto l’acqua di una doccia che si chiude lentamente, goccia dopo goccia – significativo il dettaglio del rubinetto, che simbolicamente allude alla vita che scorre e scivola via.

Nel “tempo della storia”, sono trascorse circa sei settimane dalla fine della terza stagione. E la quarta si apre dunque “ senza infamia e senza lode”, ma con diversi interrogativi: quando e dove Michonne troverà il Governatore e quale sarà la loro sorte? Patrick è vittima del morbo i cui batteri si sono dunque mutati, rendendo la malattia contagiosa non più solo tramite morso? A cosa porterà la sua presenza, da “risorto a nuova vita”, all’interno dell’apparentemente calmo e ideale carcere di Rick?

Scritto da Luca Pasquale.

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