Dopo aver visto The Ghostmaker di Mauro Borrelli, si sarebbe tentati di affermare che, dopo tutto, l’horror italiano possiede ancora un’apprezzabile vigoria creativa. Eppure, di nostrano, salvo qualche blando riferimento a Mario Bava, non c’è moltissimo: non gli attori – Aaron Dean Eisenberg nei panni di Kyle, J. Walter Holland in quelli di Sutton e Liz Fenning a completare il triangolo nel ruolo di Julie; non gli ascendenti principali del soggetto, che cita Ghost – Fantasma di Jerry Zucker, Linea mortale di Joel Schumacher e Final Destination di James Wong; ma soprattutto, non il regista, esordiente sì a Cinecittà, ma trapiantato da tempo ad Hollywood come stimatissimo concept designer (ha lavorato con Francis Ford Coppola, Tim Burton e Bernardo Bertolucci). Di italiano, però, qualcosa c’è, considerando il genere: il micro-budget. Motivo in più per apprezzare un lavoro onestamente fantasioso e scorrevole.

Kyle non è esattamente un ragazzaccio, anche se spilla qualche soldo alla ragazza Julie dalla carta di credito, fa orecchie da mercante sulle spese dell’appartamento condiviso col coetaneo paraplegico Sutton, fuma crack e deve dei soldi ad un paio di spacciatori. Per raggranellare qualcosa, svuota cantine. Quando trova una bara molto singolare, s’illude di poter fare qualche soldo extra rivendendola ad un antiquario, ma poi, insieme a Sutton e ad un amico appassionato di storia antica, capisce che la diavoleria serve a vivere esperienze extracorporali. Qualcuno va fuori dal corpo, qualche altro va fuori di testa.

Con poche migliaia di dollari a disposizione, i fantasmi se li doveva proprio inventare, Mauro Borrelli. Dal cilindro – o se preferite, dal ghostbuster box – il regista estrae una serie di suggestioni a basso costo, ma a buon gradiente di efficacia: la fotografia bluastra, gelida e notturna (E. G. Petersen, gavetta nei corti); una sceneggiatura che va dritto al sodo, o meglio, all’evanescente del soprannaturale; un registro variegato, con stalker/torturatori, fantasmi e la Signora con la Falce; (in)sane oscillazioni tra science fiction e thriller. Il risultato è piuttosto televisivo (la serie TV Supernatural o Masters of Horror), ma nel senso migliore del termine: un prodotto frizzante ed immediato, certo a tratti superficiale, ma più per deliberata snellezza ed ispirazione ai B-movies, che per scarsa destrezza.

Manca, probabilmente, quel guizzo che avrebbe consentito il salto di qualità. Paradigmatica la sorte del protagonista, Kyle, la cui funzione appare strumentale allo sviluppo della storia più che alla costruzione di un’identità incerta tra belloccio, bad boy e salvatore della patria: sintomo di una predilezione per la scioltezza del racconto che a tratti penalizza l’audacia dello script, così come la fisionomia dei personaggi.

Proprio come la bara del XV secolo del malefico Wolfgang Von Tristen, The Ghostmaker è un prodotto di diabolico artigianato, specie se si considera il cast tecnico di livello internazionale (tra gli altri, Charles Bornstein, montatore di Halloween – La notte delle streghe, e il musicista Christopher Young, che ha lavorato ad Hellraiser). Mauro Borrelli si muove agevolmente entro i confini del genere, con belle visioni dark, pur senza risplendere – a differenza delle collaborazioni con Burton – di autentica visionarietà.

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Scritto da Antonio Maiorino.