Torino Film Festival 2016

Nella ricchissima selezione dell’edizione 34 del Torino Film Festival 2016 almeno due film si sono contraddistinti per ritratti di donne in rottura con le maglie strettissime delle convenzioni patriarcali del XIX secolo. Il primo è Lady Macbeth di William Oldroyd, in concorso; il secondo è A Quiet Passion, biopic su Emily Dickinson di Terence Davies, proiettato nella sezione Festa Mobile.

Lady Macbeth è un potente racconto che Nikolaj Leskov ha scritto nel 1865; la sceneggiatrice Alice Birch e il regista teatrale William Oldroyd l’hanno trasposto al cinema ambientandolo, invece che in Russia, nelle campagne inglesi, dominio di Lord arricchiti con l’industrializzazione. Il film racconta di una giovane donna, Katherine, moglie di un losco individuo che la ritiene di sua proprietà e la tiene chiusa nelle stanze della grande casa; ma a Katherine quella vita va stretta, come i corsetti e le crinoline che la ingombrano e la ostacolano.

La necessità di liberarsi la conducono a scegliersi come amante uno stalliere impertinente; finché le continue ingerenze del suocero e il rancore che cova la trasformano in una calcolatrice imprevedibile, che pur di sfuggire alle costrizioni senza senso che le vengono imposte scivola in decisioni sempre più estreme e agghiaccianti. Il patriarcato genera mostri, e dunque mostruose sono le conseguenze a cui è costretto chi ne è soggiogato. Per questo il film, supportato dall’interpretazione magistrale di Florence Pugh, precipita in una tensione quasi orrorifica, in cui il rigore della regia e la freddezza della follia crescente della protagonista vanno di pari passo.

Anche in A Quiet Passion l’apparato visivo riverbera l’opposizione tra chiusura fisica e apertura intellettuale di Emily. Il film di Terence Davies ripercorre la vita della poetessa di Amherst, trascorsa quasi interamente tra le stanze della casa di famiglia. La sensibilità rivoluzionaria di Emily emerge con forza dai versi che punteggiano lo scorrere degli anni (letti dall’attrice), capaci di tradurre con slancio la propria interiorità animata e vitale. La reclusione volontaria, che il regista sceglie di ritrarre con grande attenzione al dettaglio e al gusto pittorico dell’epoca, è il rifiuto estremo di partecipare al gioco di ruolo della società borghese ottocentesca, che impone alle donne direzioni e doveri, privandole di autonomia e spazio di manovra: A Quiet Passion riesce a trasporre sapientemente la potente contraddizione che Emily incarna, cogliendone la portata ribelle.

Straniante ma azzeccata la scelta di far interpretare i personaggi durante tutto l’arco della loro vita (eccetto le prime sequenze) dagli stessi attori più che adulti, a cominciare dalla bravissima Cynthia Nixon, in un tour de force espressivo che non risparmia il dolore e la malattia. Il film procede con un passo lento e austero, molto appropriato per restituire la singolarità dello spirito non conforme di Emily, tra l’amore per i genitori (Keith Carradine e Joanna Bacon) e i fratelli (Jennifer Ehle è la sorella Vinnie), l’amicizia con l’anticonformista Mabel Loomis, la delusione sempre più acuta nei confronti del mondo.

Scritto da Chiara Checcaglini.