Come praticamente tutt§ i fan delle prime stagioni, mi sono riavvicinata con grande sospetto al ritorno di una delle sitcom più emblematiche della fine degli anni Novanta, l’iconica Will & Grace prodotta dal network NBC. E, come praticamente tutt§, sono riuscita a risintonizzarmi immediatamente sui toni e i modi della comicità acida della serie, che continua nella sua generale efficacia – sia pure ovviamente con risultati altalenanti di episodio in episodio, fattore che ha sempre connotato questa serie, e caratterizza il genere narrativo della sitcom tradizionale nel suo complesso.

Will & Grace

Dopo aver avuto modo di vedere i primi sei episodi di questo revival, si è felici di sapere che la complicità fra Debra Messing ed Eric McCormack è ancora perfetta, e Will & Grace sono assolutamente credibili come famiglia alternativa, basata su una relazione affettiva profonda, in un ambiente colto, liberal, bianco, relativamente ricco, basato a Manhattan. Più problematici, eppure ancora interessanti, sono invece i personaggi di Jack (Sean Hayes) e soprattutto Karen (Megan Mullaly). Se nel 1998 le battute sulle molte possibilità aperte per l’orientamento sessuale e per l’identità di gender, che erano il dominio principale di Karen e Jack, erano assolutamente innovative e in alcuni casi sconvolgenti, tanto quanto si era rivelata ricca di riflessioni sul posizionamento culturale e razziale l’indimenticata Rosario (Shelley Morrison), a quasi 20 anni di distanza i due amici risultano spesso eccessivi nel gioco con lo stereotipo che è loro affidato, e l’assenza di una rappresentanza dei migranti (soprattutto degli “aliens”, come era Rosario) in tempi di Trump si fa sentire.

Gli autori Max Mutchnick e David Koahn hanno brillantemente superato l’impasse del tremendo finale che aveva chiuso la serie, che aveva lasciato noi fan con un senso di amarezza e sconfitta incalcolabile (perché, se Will e Grace non erano riusciti a far resistere la loro amicizia di fronte alle richieste di relazioni sentimentali di altra natura, cosa ne sarebbe stato di noi comuni mortali?). Sono anche riusciti in modo leggero e divertente a inserire una quantità notevole di informazioni per permettere di riepilogare personaggi, trame e situazioni abbandonate ormai da molti anni (un esempio su tutti è lo scambio di battute con cui viene reintrodotto il personaggio di Lorraine Finster, interpretato da Minnie Driver: “You married my father and I slept with your husband, so that makes us family in my book.”).

Will & Grace

Meno riusciti spno proprio il lato politico e i riferimenti alla cultura popolare: la presenza di Trump e soprattutto della First Lady nella vita di Karen sono elementi superficiali, che non riescono a creare una riflessione politica – è come se lo scherzo fosse solo il fatto che Trump è il Presidente, e tanto basterebbe a far ridere (e per quanto lo si vorrebbe, uno scherzo proprio non è). Più efficace è invece il gioco sul disimpegno dei bianchi ricchi e liberal, che appunto non sono stati in grado di fare la differenza nel Paese.

Inoltre, in tempi di continue denunce per la violenza di genere, la rappresentazione dell’uomo di potere gay (Max Greenfield nel ruolo di Eli Wolf) che vorrebbe Will come toy boy, e di Grace pronta a vendere il suo migliore amico, è particolarmente inopportuna e fastidiosa. Resta invece infinitamente godibile la messa in scena di conversazioni fra i quattro protagonisti e le generazioni più giovani, sia quando si tratta di confrontarsi con i preadolescenti, che nel caso del ventenne interpretato da Ben Platt a cui Will deve dare una lezione di storia del movimento LGBTQ+, nel secondo e nel quarto episodio, attualmente i migliori di questo revival.

Will & Grace dunque si mostra ancora colmo di potenziale, e non solo nostalgico, benché per il momento non sia riuscito a convincere fino in fondo. Le modalità di consumo televisivo sono infatti troppo cambiate perché una sitcom tradizionale torni ad essere il cuore pulsante di un discorso davvero innovativo sulla cultura contemporanea e la sessualità, ma indubbiamente può ancora far divertire e riflettere attraverso la nostra partecipazione alla vita dei suoi protagonisti.

Ilaria D.
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