Lana Del Rey – Born to die: la recensione
Lana Del Rey, Born to die. Nuovo talento di una scena musicale orfana di Amy Winehouse o mero fenomeno mediatico cui ricorre un’industria discografica sempre più allo sbando? Ai posteri l’ardua sentenza. Vero è che negli ultimi mesi Lana Del Rey – bellezza dal fascino old-fashioned e nome d’arte come le dive d’un tempo – […]
The Black Keys – El Camino: la recensione
The Black Keys, El Camino. Akron non è solo la città che ha dato i natali a Lebron James (per chi ne è tifoso) o la capitale mondiale della gomma (per tutti gli altri); è da lì che vengono Dan Auerbach e Patrick Carney. Due che, nonostante l’ascesa allo stardom indie, hanno saputo mantenere vivo […]
Atlas Sound – Parallax: la recensione
Atlas Sound, Parallax: “Giovani crooner crescono” potrebbe essere il commento alla copertina dell’album in questione. Non contento di regalare grandi dischi con i Deerhunter, Bradford Cox, deus ex machina del gruppo di Atlanta, se ne esce con questo Parallax edito a nome Atlas Sound. E decide una volta tanto di vincere l’atavica timidezza e di […]
Girls Names – Dead to me: la recensione
Girls Names, Dead to me. Che una band oggi venga da Belfast anziché  da New York o dalla California non fa differenza alcuna, quando ogni cosa è disponibile e -musicalmente parlando – sono state abbattute tutte le frontiere spaziotemporali. Quindi, accanto a gruppi inglesi che suonano americana, a colleghi “yankee” che si rifanno a immaginari […]
Wilco – The Whole Love: la recensione
Un album degli Wilco è sempre un piccolo grande evento. Sì  perché, nonostante i capolavori siano ormai alle spalle (“Yankee Hotel Foxtrot” del 2002, “A Ghost is born” del 2004), ci troviamo probabilmente di fronte alla più grande rock band americana degli ultimi 15 anni. Una delle poche nel panorama attuale ad avere un seguito […]
The Drums – Portamento
The Drums, Portamento. Dopo il post-punk e il post-dubstep, il post-questo e post-quell’altro, potremmo deciderci a definire una volta per tutte il post-hype. Quel genere – omnicomprensivo – in cui stipare le “next big things” che, dopo essere state incensate su magazine e blog di mezzo mondo, si apprestano all’altare sacrificale del secondo album e […]
Surf City – Kudos
Provenienti dalla Nuova Zelanda, i Surf City – nome ispirato da una canzone dei Jesus and Mary Chain – offrono ai seguaci delle sonorità anni ‘80 e soprattutto shoegaze un divertissement di quelli che, benché derivativi, in fondo non ci si stufa mai di ascoltare.
The Feelies – Crazy Rhythms 31 anni dopo
Chi erano quei quattro nerds ansiosi di attraversare l’Hudson River e scorrazzare per Manhattan ritratti sull’orrenda copertina a sfondo blu del disco intitolato “Crazy Rhythms”? I Feelies, quattro collegiali appartenenti alla middle-class del New Jersey, venivano infatti da Haledon, poche miglia dal cuore pulsante dell’impero, New York City, ed erano smaniosi, come ogni giovane deve, […]
Panda Bear – Tomboy
Noah Lennox è un ex-ragazzino del Maryland che, nel “giro giusto”, utilizza lo pseudonimo di Panda Bear per dar forma alle sue idee in musica e, sempre nel giro giusto, si è fatto conoscere per quello straordinario gruppo chiamato Animal Collective.
Arctic Monkeys – Suck it and see
Accantonate le influenze stoner del precedente Humbug, le “Scimmie Artiche” rimangono con questo Suck it and see a crogiolarsi malinconiche al sole della California, richiamando per l’occasione  il fidato James Ford, già produttore dei primi due album.
Fleet Foxes – Helplessness Blues
Anche per i Fleet Foxes, uno dei gruppi rivelazione del 2008, giunge il tempo del difficile secondo album. Difficile innanzitutto per la gestazione, che è stata lunga e travagliata avendo conosciuto dubbi e ripensamenti conditi da quello stress espositivo che ha fatto seguito ai clamorosi consensi raccolti un po’ ovunque. Meno problemi il quintetto di […]
Crystal Stilts – In love with oblivion: la recensione
Premetto che, dovendo parlare dei Crystal Stilts, non riesco proprio ad essere obbiettivo. Atteso dal sottoscritto oltre ogni ragionevole misura, il secondo lavoro sulla lunga distanza della band di Brooklyn mantiene le aspettative generate dal primo ep e dall’album d’esordio, sbaragliando il campo da qualsiasi gruppo di emul-rock senza sostanza.