La stagione 7 di Game of Thrones conferma una cosa: adesso sono le donne a gestire Westeros, a darsi battaglia, a prendere le decisioni, giuste e sbagliate che siano. Abbiamo Daenerys la conquistatrice, Arya la lupa solitaria con tendenze da serial killer, e poi Cersei e Sansa, seguite da una schiera di personaggi minori che hanno sempre più importanza nella conquista del Trono di Spade.

Jon Snow Game of Thrones

E poi c’è Jon Snow, l’unico personaggio maschile a contare ancora qualcosa nei Sette Regni. Senza nulla togliere alla bellezza di un Game of Thrones in cui le donne hanno raggiunto finalmente un vero empowerment (ne abbiamo parlato qui), vale la pena spendere qualche parola su di lui.

Realizzato che Jon Snow risorto è una specie di Gesù Cristo guerriero, prendiamoci un momento per superare l’antipatia evocata da quest’immagine ed esaminiamo gli aspetti più interessanti del viaggio di questo grande eroe. Perché il Jon Snow che la serie ci ha raccontato è un personaggio più sfaccettato di quello che sembra.

Empatizziamo con lui perché parte da outsider per raggiungere faticosamente l’affermazione. Inizia male, figlio bastardo relegato alla Barriera coi galeotti; fatica a farsi rispettare nei Guardiani della Notte; quando diventa il loro comandante, viene tradito e assassinato. Ma non è solo questo a fare di Jon Snow un eroe. Certo, è morto e risorto; ma il punto cruciale del personaggio è un altro.

La cosa davvero straordinaria che caratterizza Jon Snow è la sua mentalità. Jon Snow rappresenta il successo della contaminazione culturale. E questo accade nonostante la rigidità dei valori da cui il personaggio proviene: suo “padre” Ned Stark aveva indubbiamente molto onore, ma era privo di lungimiranza e aperture. Abbiamo visto com’è andata a finire. Jon Snow ha l’intelligenza di tenersi strette le cose giuste che Ned gli ha insegnato, ma le declina secondo il proprio senso critico. È fedele ai suoi giuramenti, ma è capace di riconoscere l’onore e la lealtà anche al di là di questi.

Perché Jon Snow, ancora oggi, sta portando avanti il progetto di Mance Rayder, il suo ultimo mentore, quello che avrebbe dovuto essere un suo nemico. È capace di guardare i Wildling e vederli prima di tutto come persone, e poi come alleati. Perché non è vero che Jon Snow non sa niente: sa che il Popolo Libero è fatto di uomini come lui, che hanno usanze diverse. Ha l’elasticità mentale di riconoscere che queste usanze possono essere persino migliori di quelle del mondo da cui proviene lui stesso. Fa scelte ardite, che lo mettono in discussione come leader, perché crede nelle idee che lo hanno cambiato durante il suo percorso. E arriva a morire per sostenerle.

Jon Snow non porta i Wildlings oltre barriera solo per rubarli all’esercito del Night’s King. Li salva perché ai suoi occhi sono persone. Non carne da macello, non invasori e nemmeno “immigrati”. Tutti i personaggi di Game of Thrones si sono trasformati nel corso del tempo. Jon Snow non fonda il suo cambiamento sulla prevaricazione, ma sull’accettazione del prossimo. In tempi come quelli in cui viviamo, dovremmo cercare tutti di essere un po’ più Jon Snow.