È accaduto a Cannes 2017 il lunedì 22 maggio che vedevi tanta gente che si aggirava con fare furtivo. “Dove stai andando?”, “Non dirlo a nessuno, vado in spiaggia a vedermi sul tablet le prime due puntate di Twin Peaks appena scaricate”. La febbre di Twin Peaks è dilagata anche sulla Croisette, con tanti che non sono riusciti ad aspettare tre giorni per la proiezione su grande schermo delle stesse due puntate, evento speciale per il 70° anniversario del Festival di Cannes. È accaduto a Twin Peaks 25 anni fa, ed è accaduto a Cannes ieri. È accaduto che la proiezione ufficiale delle stesse due puntate abbia visto un Lynch visibilmente commosso dopo la lunga ovazione tributatagli. Segno curioso – ma non il primo e poi non dovrebbe essere niente di strano – di come una persona dolce e sensibile, dedita alla meditazione, possa partorire un immaginario così disturbante e malato. Non mancherà chi farà notare come questo monopolio di attenzione verso un evento televisivo, nel più importante festival cinematografico del mondo, sia in accordo con le tesi di chi vede il cinema come moribondo, e indica nelle serie il futuro della settima arte. In realtà questo dimostra solo la grandezza della personalità di David Lynch, che ha bisogno per esprimersi di tante forme di espressioni artistiche, cinema, televisione, pittura, fumetti. Una sola gli starebbe stretta. E queste prime due puntate del sequel televisivo evidenziano proprio un Lynch in grandissima forma, che torna alle sue figure e immagini inquietanti, non solo della serie di 25 anni fa, ma anche di Eraserhead, e dei suoi dipinti. E per di più va detto che finora il nuovo Twin Peaks non presenta quella commistione con la soap opera che caratterizzava la prima serie.

Cannes 2017

È accaduto a Cannes di assistere alla proiezione, nell’ambito di Cannes Classics, della versione restaurata di L’Atalante, il capolavoro del 1934 di Jean Vigo, il film da cui sono partite tante traiettorie di cinema. Unico restauro peraltro della sezione a essere stato proiettato in 35mm. Ed è accaduto che in sala ci fosse Enrico Ghezzi, anzi enrico ghezzi, in carrozzina. Come non farsi partire mentalmente la colonna sonora di Because the Night, quando Jean si tuffa nel fiume e vede in dissolvenza nell’acqua Juliette in abito da sposa È accaduto a Cannes, ma anche a Twin Peaks, di risentire nella Loggia Nera il termine doppelganger e di ricordare come all’epoca l’aver accostato il nano che pronunciava questo epiteto con l’immagine del Presidente Francesco Cossiga costò a enrico ghezzi, autore di Blob insieme a Marco Giusti, una dura reprimenda. Enrico Ghezzi appartiene anche alla storia di Twin Peaks.

E poi cos’altro è accaduto a Cannes 2017? Un’edizione che sicuramente non ha mantenuto le alte aspettative del settantesimo, con molte ombre ma anche con molte luci. La prima delle quali è letteralmente quella della regista giapponese Naomi Kawase che con il suo film Hikari, che significa appunto ‘luce’, torna allo splendore di un tempo, dopo il mediocre Le ricette della signora Toku (An). Anche Michael Haneke con il programmatico titolo Happy End torna a quelle sue riflessioni sulle immagini e la crudeltà, già presenti nelle sue prime opere come Benny’s Video, e anche al cinema come atto di voyeurismo, centrale in Niente da nascondere, che peraltro si avvicina molto a Strade perdute di David Lynch. Ma per altre luci bisogna andare fuori dal concorso. Alla Quinzaine des Réalisateurs per esempio, con un Bruno Dumont che in Jeannette, l’enfance de Jeanne d’Arc racconta l’infanzia di Giovanna d’Arco trasponendola in quelle dune sabbiose e salmastre dei suoi ultimi film, e con la stessa carica grottesca. E ancora un altro evento speciale per il settantesimo, insieme a Twin Peaks, è accaduto e resterà a imperitura memoria in quelli che l’hanno visto. Si tratta di 24 Frames, opera postuma di Abbas Kiarostami, un sublime incrocio di cinema e poesia, di pittura e immagine in movimento. Anche questo è accaduto a Cannes.