The Walking Dead prosegue il suo vagabondaggio fuori dal set della prigione in Inmates, decimo episodio della quarta stagione. Dopo aver seguito le sorti di Rick, Carl e Michonne fino al loro rincongiungimento in After, scopriamo finalmente quale sorte sia toccata agli altri membri del gruppo.

I sopravvissuti, o meglio, gli evasi sembrano pochi, ma sono quelli giusti, e il nuovo episodio ce li fa incontrare un po’ alla volta. Aprono le danza Beth e Daryl, trafelati e disperati. Alla ricerca dei compagni perduti, ne troveranno solo qualche brandello. Poco lontano dal teatro della loro disdetta c’è il bosco dove vagano le sorelline Lizzie e Mika, sotto la supervisione di Tyreese, che ha ancora il suo martello e a quanto pare è riuscito a salvare la piccola Judith. Alla compagnia si aggiunge Carol, sbucata improvvisamente dalla selva e stranamente aggiornata sugli eventi accaduti dopo il suo esilio dalla prigione. I 5 vengono a conoscenza dell’esistenza di un campo noto come Terminus, raggiungibile a piedi seguendo i binari della ferrovia. La flora boschiva ospita anche Sasha, Bob e Maggie, alle prese con il relitto dell’autobus su cui doveva trovarsi Glenn. Al suo interno solo walkers, ma Glenn non è uno di loro; il nostro eroe si trova ancora alla prigione, dove incontra Tara, la poliziotta lesbica che stava per diventare cognata del Governatore. I due fanno squadra e si mettono in cammino, chiudendo la vicenda con un incontro che promette sviluppi futuri.

Puntata dovuta e necessaria che fa il punto della situazione, Inmates rappresenta un classico momento di transizione. Nessun Big Bad all’orizzonte, nessuna location se non il solito bosco, i personaggi sparpagliati e sconsolati; è The Walking Dead allo sbando, on the road verso una nuova meta. Il motivo che accompagna la puntata è la memoria di Herschel e delle sue idee, riprese dai familiari e dai compagni di strada. Beth lotta per mettere ancora una volta in pratica la caparbia volontà del padre nel non lasciarsi andare alla disperazione, ma ormai ha perso la fede: non c’è nessuna possibilità di speranza per lei dopo il ritrovamento di una scarpa di bimbo sul luogo di un banchetto zombie. Diversamente, il curioso gruppo capeggiato da Tyreese ha già trovato la destinazione del proprio pellegrinaggio, con tanto di cartina stradale. Si tratta di una buona notizia, considerato lo svantaggio causato dalla presenza della poppante Judith, sempre pronta a urlare, e dalla delicata gestione delle due ragazzine. Sappiamo che la vicenda non sarà di facile soluzione, specialmente considerati gli equilibri tra i personaggi coinvolti: Tyreese non sa per quale ragione Carol non si trovasse alla prigione, e Lizzie sembra sempre più pericolosa. Se aggiungiamo il legittimo sospetto che Carol non sia davvero responsabile dell’omicidio di cui si è autoaccusata, non è difficile capire dove la storia andrà a parare: dramma, psicodramma e redenzione, che però durante un’apocalisse zombie potrebbe significare la morte del personaggio scomodo. Si accettano scommesse.

Maggie ha quasi perso la speranza, proprio come la sorella, ma questa volta il destino le è amico perché molti sono morti, ma Glenn è ancora vivo. I veri eredi del verbo di Herschel sono però Glenn e Tara: nonostante il dolore e l’odio tra fazioni avverse, i due instaurano subito un legame cooperativo; Tara condivide lo struggimento di Glenn per la morte di Herschel, e in suo nome decide di reagire ed essere di aiuto a Glenn. Soli al mondo, nel bosco degli zombie, Glenn e Tara decidono che vale ancora la pena credere nella vita.

L’episodio fa il suo dovere registrando lo status dei personaggi principali e restituendoceli tutti interi; presenta qualche incongruenza narrativa (dov’era Carol? Come può esistere un campo segreto così vicino alla prigione senza che gli esploratori di Rick ne sapessero qualcosa?); ed è innegabile che tutti i colpi di scena di Inmates siano telefonati (Judith è ovviamente ancora viva; Carol riappare dopo la diaspora puntuale come un orologio svizzero; Lizzie è una ragazzina squilibrata che potrebbe fare del male agli altri; e Glenn non è affatto uno zombie). L’assenza di un pericolo preciso o di un antagonista feroce pare risolversi in un’ondata di attacchi di zombie solitari o a gruppetti, come già sperimentato da Carl in After, risolti in assalti tutti identici tra loro. Insomma, il genere zombie è un classico, e non è certo un obiettivo di The Walking Dead rivoluzionarne i canoni. E allora via, salutiamo i personaggi diretti verso un nuovo accampamento che sarà presto anche campo di battaglia…

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